Taravao, sabato 25 ottobre 2025

Proprio oggi, è un mese che siamo arrivati a Tahiti. Questo pensiero, richiede una riflessione e un piccolo bilancio. Per certi aspetti, questo mese è stato talmente intenso da sembrare molto più lungo, per altri, il tempo sembra essere volato. Abbiamo lavorato ininterrottamente concedendoci solo alcune mezze giornate di attività meno intense e la fatica, non solo fisica, ha cominciato a farsi sentire. L’aspetto positivo è che aver perseverato a testa china anche quando la situazione appariva disperata, ha dato effettivamente i suoi frutti: oggi, infatti, continuando a lavorare in coperta, ci siamo sentiti un passo più vicini alla navigazione. Una barca è fatta per stare nell’acqua, quello è il suo ambiente naturale….ma come dice un mio caro amico, in primis, la sicurezza. Ci sono ancora tutta una serie di verifiche e riparazioni da effettuare prima che il Ferraù possa essere calato nella laguna di Taravao.

Verso l’una, abbiamo deciso di staccare per pranzo, ma chiudendo la barca e scendendo dalla scala, ci siamo imbattuti nei nostri nuovi amici, Lionel e Soraya, che sono tornati, come promesso due giorni prima, per omaggiarci di una bottiglia di bianco. Avevano con sé anche quattro lattine di birra, che abbiamo quindi aperto ai piedi del Ferraù e condiviso chiacchierando amabilmente per una buona mezz’ora. Questi ragazzi sono proprio accattivanti: ho approfittato di quel momento di relax e di sole per porre loro un po’ di domande sui loro progetti a Tahiti. Hanno ribadito di essere due istruttori di sub, che hanno lavorato ben otto anni in Tailandia, molto più a lungo di quanto non avessi capito il giorno in cui li avevamo incontrati per la prima volta. Sono entusiasti e ambiziosi. Mi auguro che i loro progetti possano prendere forma: hanno comprato una barca simile al Ferraù, per materiali e dimensioni, soli due mesi fa, quindi la nautica è una vera e propria novità per loro. Lionel si arrangia come può, con lavoretti, recupero di attrezzature e riparazioni. Soraya lo assiste e lo aiuta. Il loro progetto include sostenere un esame Padi per essere istruttori di sub autorizzati anche in Polinesia, in gennaio, a Papeete, imparare, nel frattempo, a navigare, facendosi istruire da alcuni amici che hanno delle barche qui nella baia di Phaeton, e poi prendere il largo per le Tuamotu, dove le immersioni sono la principale attrazione turistica. Spero con tutto il cuore che i loro progetti si realizzino e che niente e nessuno si mettano di traverso.

Finita la birra, li abbiamo salutati, ma ci siamo scambiati i numeri, nel caso avessimo bisogno, gli uni degli altri. Non vedo l’ora che il Ferraù ritrovi almeno una parte del suo splendore per poterli invitare a fare un aperitivo in nostra compagnia, un pranzo o una cena. 

Siamo rientrati a casa alle due, abbiamo mangiato qualcosina e, visto il sole meraviglioso che splendeva, contrariamente a tutte le previsioni meteo consultate, abbiamo steso bucato ed areato i materassi e i cuscini dei divani della barca. Verso le quattro, siamo tornati in barca per chiudere gli oblò che, di notte, è meglio non lasciare aperti, vista la presenza di topi che, salendo sulle palme, arrivano alle coperte delle barche.

 

Taravao, domenica 26 ottobre 2025

La domenica è sempre tutto più calmo. Anche noi, oggi, eravamo più lenti e desiderosi di non faticare troppo. Mario ha trascorso la mattinata ad ordinare gli attrezzi in barca, io ho riordinato la coperta, raccolto l’immondizia che c’era intorno alla barca e lavato i parabordi che, stando in coperta come tanti altri oggetti, si erano ricoperti di uno spesso strato di muffa. Stare all’aria aperta mi ha fatto bene, infatti quando siamo costretti a stare sottocoperta, è l’ossigeno a mancarci dopo un po’ di tempo. Siamo riusciti anche a ricomporre il bagno e a riordinare prodotti del bagno e medicinali. 

Nel pomeriggio, ci siamo dedicati alle valvole del bagno, della cucina e del motore. Apparentemente sono bloccate, ma qui l’umidità eccessiva ha bloccato ogni cosa, quindi Mario ha spruzzato alcuni prodotti che agiranno tutta la notte, nella speranza che domattina tutto funzioni.

Non abbiamo fatto tardi perché abbiamo delle cose da fare anche a casa. Ieri abbiamo comprato un cuscino, visto che ci siamo dovuti disfare dei nostri, per ragioni igieniche. Nella fretta, ne abbiamo comprato uno davvero troppo rigido, impossibile da utilizzare. Ma avevo promesso a Mario di metterci le mani e di tentare di modificarlo: l’ho infatti scucito per estrarre parte dell’imbottitura, rendendolo più soffice e morbido. Lo avevo fatto ieri sera, ma colta dalla stanchezza, avevo lasciato il lavoro in sospeso, così questo pomeriggio, prima di cena, ho terminato con successo l’opera. Controllati lo spessore e la nuova consistenza, l’ho ricucito e adesso è il mio nuovo cuscino, pronto per la traversata del Pacifico. Mario, ha decretato invece che se ne comprerà uno in lattice, più conforme alle sue esigenze.

Papeete, 25 settembre 2025

Finalmente siamo atterrati a Papeete, in perfetto orario, 4h50. Ce l’abbiamo fatta, anche se il viaggio è stato come sempre estenuante.

Siamo partiti dall’aeroporto di Paris Orly, pieni di entusiasmo ma anche consapevoli delle ore che ci attendevano. Prima tratta: 11 ore e mezza. Un’eternità. Poi, abbiamo fatto scalo tecnico a San Francisco per il rifornimento carburante. Peccato che non sia stata solo una rapida fermata. Siamo scesi tutti dall'aereo per effettuare i consueti controlli presso gli uffici americani. Documenti, impronte digitali, scanner dell’iride… come se dovessimo entrare negli Stati Uniti e invece eravamo solo in transito. Giusto il tempo di sgranchirsi le gambe e ci siamo ritrovati di nuovo al gate, pronti a reimbarcarci per la seconda parte del viaggio.

La seconda tratta è stata un po’ più breve - si fa per dire: 7 ore e 40 minuti. Dormire, in questi casi, è un’impresa impossibile. L’aereo era tranquillo, ma i sedili stretti e la posizione obbligata ci hanno permesso solo di sonnecchiare. È stato molto divertente, invece, osservare le facce degli altri passeggeri al moments dello sbarco: sguardi vuoti, capelli spettinati, vestiti sgualciti… tutti un po’ provati, ma con la stessa voglia di uscire da quella cabina una volta per tutte.

Appena messo piede nell’aerostazione, però, è arrivato il primo assaggio di paradiso: un piccolo spettacolo di benvenuto in perfetto stile tahitiano. Due musicisti, un uomo e una donna, suonavano delle chitarrine dal suono squillante, mentre una danzatrice fluttuava con grazia, facendo ondeggiare i fianchi e il suo lungo abito come un’onda del Pacifico. Un momento breve, ma intenso, che mi ha subito riportato alla mente il passato, come se non fossi mai partita.

Ho consegnato il modulo che ogni turista è tenuto a compilare ad un’impiegata dell’aeroporto, che ci ha accolti con un sorriso raggiante. Ho ricambiato con un "Ia ora na", che significa "buongiorno" in polinesiano. Lei ha sorriso ancor più e mi ha risposto con un dolce "mauruuru". Riutilizzare quelle poche parole polinesiane che hanno accompagnato la mia prima traversata del Pacifico mi ha letteralmente aperto il cuore.

Recuperato il bagaglio, ci siamo diretti verso l’ufficio del noleggio auto. Era già aperto, per fortuna, così, alle sei del mattino, con il sole che stava appena salendo sopra l’orizzonte, ma già splendente e caldo, ci siamo messi in macchina diretti verso il centro di Papeete.

La città mi è sembrata subito familiare, mentre percorrevamo l'ampio viale del lungo mare, riconoscevo gli angoli delle strade, alcune attività commerciali e tanti dettagli che componevano l'ambiente. Il centro è curatissimo: aiuole piene di palme di ogni tipo, arbusti in fiore ovunque. I viali alberati con quei ficus giganteschi che sembrano voler toccare il cielo. Il traffico, invece, non è cambiato affatto. Già di prima mattina si procedeva a fatica e decine di scooter sfrecciavano a destra e a sinistra delle auto, rischiando spesso la collisione. Una volta concluso questo giretto turistico del centro, ci siamo ritrovati nella zona industriale, ancor più familiare. Abbiamo ricordato con simpatia, alcuni aneddoti che avevano rallegrato il nostro primo sbarco a Tahiti. Una barca ha sempre, per definizione, qualcosa da riparare o da sostituire e la primissima visita a Papeete aveva avuto per tema niente meno che la sostituzione della pompa del gasolio del motore del Ferraú. Ad accoglierci, un simpatico signore cinese che, dopo averci fatto tremare di paura dicendoci che non avremmo mai trovato il pezzo di ricambio sull'isola, ci ha comunicato che sarebbe stato in grado di ripararlo. 

Prima della partenza, avevamo pianificato con attenzione la nostra prima giornata a Tahiti, annotando sul mio taccuino una serie di negozi ed uffici da visitare. 

Il primo della lista è stato il negozio di pitture per lo scafo della barca, nel quale ci siamo imbattuti in un simpatico signore che ci ha raccontato di essere stato in Italia con i genitori, quando era molto giovane, per fare un pellegrinaggio tra Roma e altre splendide città. Mentre ne parlava, gli brillavano gli occhi e sentendo parlare Mario delle isole caraibiche nelle quali era stato con la barca era ancor più in estasi. 

Il primo acquisto è stato la pittura rossa per lo scafo del Ferraú che, dopo tutti questi anni di sosta forzata sul piazzale del cantiere di Taravao, si è completamente sbiadito a causa del sole e delle forti piogge.

La seconda tappa dello shopping è stata l'agenzia nautica che si interfaccia con la dogana perché dobbiamo preparare dal punto di vista burocratico la nostra uscita dalle acque territoriali della Polinesia francese. Prenderemo il largo tra qualche settimana, ma è bene non perdere tempo, la burocrazia puó sempre giocare brutti scherzi, in tutti i Paesi del mondo.

Ci siamo poi recati in un negozio di attrezzatura nautica, per informarci su alcuni dispositivi di sicurezza della barca che vanno puntualmente revisionati o sostituiti e, infine, ci siamo fermati in un supermercato.

Poiché la prima settimana staremo in un bungalow con angolo cottura, per poter ripristinare con calma la funzionalità della barca, ci siamo procurati i prodotti di cui si necessita in un appartamento, più qualche cibaria. Per fortuna, lo abbiamo fatto subito perché dopo aver pranzato in un locale ed esserci rimessi in macchina alla volta del nostro bungalow, un'abbondantissima pioggia tropicale si è abbattuta sull'isola. Per un'ora, siamo rimasti in auto senza poterci muovere, poi ci siamo decisi e seguendo le indicazioni stradali che ci erano state fornite, ci siamo avventurati alla ricerca del nostro alloggio. 

Dopo diverse inversioni di marcia alla fine di stradine sterrate che stavano pian piano assumendo l'aspetto di piccoli torrenti, ci siamo ritrovati, senza rendercene conto, nel giardino di un'abitazione privata. La proprietaria, incuriosita, si è affacciata e Mario ne ha subito approfittato per correre sotto la sua tettoia e chiederle informazioni.

Dopo una buona decina di minuti, ha fatto ritorno, dicendo che il marito della signora aveva telefonato al numero indicato nella nostra prenotazione e che ci avrebbe fatto strada con la sua jeep perché il bungalow si trovava da tutt'altra parte.

Infine arrivati, ci siamo fatti una doccia che, nonostante fosse fredda, ci ha rigenerati completamente. La pioggia insisteva, benché la sua intensità stesse calando, e questo ci ha indotto nell'errore più grave che si possa commettere dopo aver fatto un volo lungo come il nostro: sdraiarsi, con l'idea di appisolarsi soltanto.

È stato inevitabile, dopo più di 24 ore di viaggio, crollare in un sonno profondo.

 

Taravao, 26 settembre 2025

Non poteva filare tutto liscio: ci siamo svegliati entrambi nel cuore della notte. Era soltanto l’una ed essendo belli arzilli, ci siamo messi ai nostri tablet per cercare informazioni utili sulle batterie del motore. Le dobbiamo sostituire, ma il negozio al quale ci siamo rivolti via email prima della nostra partenza, ci ha risposto che il tipo di batterie che cerchiamo, non è piú disponibile. Occorre sapere che qui a Tahiti, come del resto in tutte le isole della Polinesia, la quasi totalità delle merci arriva via nave e impiega quindi anche dei mesi per giungere dall’Europa. Il tragitto sarebbe piú breve se questi prodotti arrivassero dalle Americhe o dall’Australia, ma in Polinesia francese, sicuramente per ragioni fiscali, si privilegia il commercio con la Francia.

Avevamo deciso di recarci in barca per effettuare qualche misura dello spazio nel quale alloggiano le batterie da sostituire e cosí, dopo una frugale colazione, ci siamo diretti al cantiere. 

Il Ferraú giace immobile sul piazzale del cantiere, sostenuto da pali di ferro che, debitamente puntellati, lo mantengono in perfetto equilibrio. Dal basso appare un po’ malaticcio, il rosso dello scafo non è piú quel rosso brillante, che al sole dei tropici si è sempre mescolato perfettamente ai colori vivaci del paesaggio e della natura. La parte dello scafo che si trova al di sotto della linea di galleggiamento poi - è curioso a dirsi, ma sembra stia piangendo ed implorando un qualche nostro intervento. Le precipitazioni che si abattono sull’isola e che diventano quasi incessanti durante la stagione delle piogge, che va da ottobre ad aprile circa, scivolando e scorrendo lungo tutto il Ferraú, hanno trascinato con loro parte della pittura, andando a disegnare quelle che sono apparse ai miei occhi come delle tristi lacrime. 

Una volta recuperata una scala a pioli, di quelle che vengono fornite dai cantieri nautici per accedere alla propria barca in secca, siamo saliti a bordo. Se giá osservando lo scafo da terra, mi ero chiusa in un silenzio riflessivo, a quel punto mi sono completamente ammutolita. In effetti, Mario mi aveva suggerito di prepararmi psicologicamente, ma credevo scherzasse come suo solito. Per aprire i lucchetti che bloccano il tambuccio del Ferraú, mi sono dovuta rivolgere ad un signore francese che sta sistemando la sua barca a poca distanza dalla nostra, chiedendogli la cortesia di prestarci dello sbloccante marino, per sciogliere la ruggine che si è inevitabilmente formata all’interno della serratura in questi anni.

È stato cosí gentile da aggiungere del grasso sulla chiave e per fortuna questa astuzia ha funzionato.

Mario è sceso sottocoperta per primo, io, ho atteso qualche minuto. Le sentine erano piene d’acqua fino all’orlo, c’è qualche ragnatela, ma soprattutto un altissimo tasso di umidità. Ho scrutato ogni anfratto e, benché quest’aria spettrale renda il Ferraú quasi irriconoscibile, non sono stata colta dallo sconforto, ma piuttosto da un forte desiderio di restituirgli lo splendore di un tempo. Sono certa che basterá organizzarsi e con una buona dose di olio di gomito lo rimetteremo a nuovo.

  

Taravao, sabato 27 settembre 2025

Anche questa notte, ci siamo svegliati prima dell’alba e ne abbiamo approfittato per pianificare la giornata. Inizialmente avevamo pensato di recarci a Papeete per sbrigare le innumerevoli commissioni che ci aspettano, ma abbiamo pensato che il sabato non fosse la giornata più indicata: innanzitutto, i polinesiani lavorano solo mezza giornata e poi avremmo rischiato di trovare il traffico del weekend perché qui c’è un’unica strada che fa il giro dell’isola e che tutti percorrono.

Dal momento che le previsioni sono buone, almeno per la mattina, decidiamo di dedicarci alla pulizia della coperta che verte davvero in uno stato penoso. Colazione alle sei e partenza per il cantiere alle sette. Le strade, qui a Tahiti, sono animate sin dall’alba: sul ciglio della strada si scorgono delle bancarelle presidiate, la maggior parte delle volte, da sparuti gruppi di donne che vendono splendide composizioni floreali, pesci delle più svariate dimensioni in sacchetti di plastica ricolmi di ghiaccio che fonde ai primi raggi del sole oppure frutta e verdura di loro produzione. Queste attività commerciali sono piuttosto intense, c’è sempre qualche avventore che sceglie il prodotto che più gli conviene e vederle defilare dalla nostra auto è sempre un piacevole spettacolo.

Senza perder tempo, abbiamo cercato la canna dell’acqua che, come ricordavo, era stata riposta nel gavone di prua. Svuotandolo, non sono mancate le sorprese: spostando un telone di plastica, ci siamo ritrovati assaliti da un frenetico brulichio di minuscole formiche che, indisturbate, avevano edificato il loro monumentale formicaio, recuperando alcuni accessori in legno della barca, abbiamo constatato che gli stessi erano stati rosicchiati da qualche insetto, probabilmente, le stesse formiche. Anche la sentina di prua era stracolma d’acqua come quella centrale e quella di poppa, che abbiamo sgottato ieri, così, mentre Mario si è dedicato a svuotarla, io ho cominciato a spazzolare la coperta per rimuovere tutta la muffa e la sporcizia che si sono accumulate negli anni.

Quando si iniziano questi lavori, spesso si perde la cognizione del tempo ed è solo la fatica intensa che ci riporta alla realtà oppure l’interruzione da parte di qualcuno. Ero impegnatissima a spazzolare ogni parte metallica dello scafo, anche l’anfratto più nascosto, quando Mario mi ha chiamato, chiedendomi di interagire in francese con una signora che mi guardava da terra. Si trattava di Marie, una cordialissima francese venuta a chiedere informazioni su un amico di Mario e grande navigatore, Andrea Pestarini. Sembrava molto affezionata ad Andrea, visto che ha condiviso con noi la speranza che, dopo tante difficoltà - perché Andrea ne ha passate proprio tante - i suoi nuovi progetti possano decollare. Approfittando della loquacità di Marie, Mario ne ha subito approfittato per chiedere a lei e a suo marito Yves, che ascoltava in disparte, se conoscessero qualche rivenditore di batterie che magari non figura su Internet. Marie, ci ha detto che cercherà questo indirizzo, che in effetti possiede, e che ce lo darà quanto prima. 

Riprendendo a spazzolare con foga, dopo poco, mi sono resa conto che la forza fisica stava venendo meno e ho proposto una pausa, per spezzare la giornata. Non era ancora mezzogiorno, ma avevamo comunque lavorato ininterrottamente per quattro ore. Un rapido spuntino e di nuovo al lavoro, approfittando di un sole splendente e di una piacevole brezza che faceva ondeggiare e risuonare le alte palme che circondano il Ferraù. In altre tre ore, siamo riusciti a ripulire tutta la coperta, ritrovando con una certa soddisfazione l’aspetto originario della nostra barca. 

Indubbiamente, tutti questi anni di permanenza del Ferraù in Polinesia hanno causato alcuni problemi di ruggine e di umidità alle parti più esposte, ma si tratta soltanto di problemi estetici, ininfluenti per la nostra navigazione, che prenderemo quindi in considerazione una volta tornati ai Caraibi.

È stato contemplando la coperta azzurrina, che abbiamo visto sopraggiungere dei nuvoloni neri, particolarmente minacciosi e carichi di pioggia. Ci siamo quindi affrettati a riempire un borsone con gli abiti rimasti in barca per lavarli e liberare piano piano gli spazi interni, che necessitano di una profonda pulizia.

Ha iniziato a piovere non appena siamo saliti in macchina, così, infreddoliti dall’umidità, abbiamo scaldato dell’acqua sul fuoco e ci siamo concessi una piacevole doccia calda.

Dopo un tè caldo e quattro chiacchiere, assaliti dalla fatica, ci siamo addormentati senza cenare.

 

Il nostro bungalow.


Taravao, domenica 28 settembre 2025

Complice una tempesta tropicale, Mario si è nuovamente svegliato nel cuore della notte, mentre io sono riuscita a sonnecchiare fino alle cinque del mattino. A quell’ora, ci siamo alzati e abbiamo constatato che fuori c’era un vero e proprio diluvio, con raffiche di vento che facevano flettere e sbattere le palme  contro il tetto del nostro bungalow, provocando un certo frastuono. Qualcosa di caldo era ciò di cui avevamo bisogno, visto che, per creare un ambiente salubre nella stanza, occorre mantenere il climatizzatore costantemente acceso. In questa stagione, particolarmente piovosa, il tasso di umidità sale alle stelle, diventa difficile anche fare il bucato.

Proprio di questo abbiamo deciso di occuparci. Quando si vive a certe latitudini, si può pensare di fare il bucato a mano e di stenderlo al sole. In poche ore, si riesce a ripiegare tutto e a riporre abiti e biancheria nei cassetti, ma durante la stagione delle piogge, senza asciugatrice, questa semplice operazione diventa pressoché impossibile. 

Per qualche ora siamo rimasti bloccati al bungalow perché la pioggia era davvero torrenziale, ma non appena il vento si è calmato, abbiamo deciso di uscire per fare qualche commissione e magari una lavatrice. Purtroppo, in queste zone bisogna sempre fare i conti con una tecnologia obsoleta: il lavaggio automatico che si trova lungo la strada principale contiene infatti sette lavatrici, di cui sei dalla capacità di undici chilogrammi e una di quindici, oltre a una batteria di sei asciugatrici e due lavatrici più piccole, che avrebbero fatto più al caso nostro, sfortunatamente fuori servizio. È stata una giovane studentessa polinesiana, particolarmente loquace e gentile, ad illustrarci i dispositivi a nostra disposizione e a spiegarci che il solo modo per servirsene, vista l’assenza di un distributore di gettoni o di una macchinetta cambia monete, era di possedere un’infinità di pezzi da duecento franchi polinesiani. Quando dico un’infinità, intendo dire che per la sola lavatrice ne occorrono otto, mentre per ogni singolo ciclo di asciugatrice, due, e i cicli di asciugatura sono diversi, dovendo separare il bucato in quantità minori. Quando ho sgranato gli occhi, la giovane ha sorriso e rassicurandomi, mi ha suggerito di recarmi alla stazione di servizio dove, di solito, hanno molte monete di quel tipo. Ringraziatola, abbiamo seguito le sue istruzione, ma sfortunatamente siamo riusciti a procurarci soltanto dieci monete, delle quattordici che pensiamo siano necessarie. 

Siamo quindi stati costretti ad organizzarci diversamente: abbiamo fatto due spese e siamo poi andati in barca, per continuare le operazioni di svuotamento. Preparati altri tre sacchi di abiti e biancheria da cabina e da cucina, dopo aver areato un po’ l’ambiente, abbiamo fatto ritorno al bungalow. 

Papeete, lunedì 29 settembre 2025

Verso le tre del mattino, ci siamo ritrovati coi nostri tablet accesi. Io, ne ho approfittato per redigere la pagina del diario di ieri, mentre Mario cercava ancora informazioni riguardanti le dotazioni di sicurezza della barca. Dopo qualche ora, saremmo partiti per Papeete, con una lista di “cose da fare” piuttosto nutrita.

Abbiamo temporeggiato fino alle cinque, ma visto che in questo periodo il sole sorge alle cinque e mezza circa, ho spinto Mario ad alzarsi per la colazione e a prepararsi per anticipare la partenza. Il viaggio è piuttosto lungo, ogni volta per percorrere tutta la costa occidentale di Tahiti Nui, ci vogliono quasi due ore, a causa del traffico intenso. 

La mattinata di shopping nautico è stata piuttosto proficua perché siamo riusciti ad acquistare le batterie e perché, visitando vari negozi, abbiamo potuto comparare prezzi e prodotti, avendo un’idea, sempre più precisa, di ciò che ci occorre. 

Così siamo ripartiti prima di pranzo, per continuare a lavorare a bordo, almeno finché c’era luce.

 

Taravao, martedì 30 settembre 2025

Il bungalow è talmente ingombro di oggetti, accessori ed indumenti portati qui dalla barca, al fine di asciugarli e di creare spazio all’interno del Ferraú, che riusciamo a muoverci a fatica. Di buon’ora, siamo saliti a bordo e, in abiti da cantiere, rimboccandoci le maniche, abbiamo iniziato con metodo, dalla prua. Svuotandola di tutto ciò che vi era accatastato e man mano che scendevamo nei gavoni, il loro contenuto ci è apparso sempre più umido e sporco, osservando meglio, abbiamo notato che era sporco di terra o, meglio, di una polvere solidificata che sembrava terra, ma che in realtà era legno. Più propriamente, ciò che restava del compensato marino con cui gli interni della prua sono realizzati. La sorpresa del giorno: una colonia di termiti a bordo!

Il primo pensiero, visto che tutti gli interni sono di legno, è stato che ci avrebbero divorato tutta la barca, ma poi, con la dovuta calma e analisi, abbiamo notato che questi insetti traslucidi scorrazzavano allegramente all’interno del compensato che, ormai, non sembrava più avere molta consistenza. Decisione repentina e, speriamo risolutiva, è stata quella di rimuovere tutti i pannelli di compensato visibilmente attaccati dalle termiti. 

Mario li ha svitati e li abbiamo portati a terra, lontano dal Ferraù. 

Questa sera, rientrando al bungalow, mi sono messa a cercare informazioni sulle termiti e sui metodi per debellarle. Per ora, useremo l’aceto e la luce, che sembra arrechino danni e siano nocive per le larve, ma appena possibile passeremo in farmacia per cercare dell’acido borico e fabbricare delle esche, verificando così se ve ne siano altre.

Oltre alla farmacia, dovremo cercare anche un negozio in cui acquistare del compensato o delle assi di laminato per ripristinare il piano di appoggio della prua, utile a stivare tutte le dotazioni della barca e gli oggetti accumulati negli anni.

 

Taravao, mercoledì 1 ottobre 2025

Il mio primo pensiero, questa mattina, è andato a quei temibili insetti. Facendo colazione, ho raccontato a Mario tutto ciò che avevo scoperto la sera prima sul loro conto, come ad esempio il fatto che abbiano un re e una regina, intorno ai quali gravita tutta la colonia, oppure che tra le termiti, vi siano vari ruoli: ci sono le riproduttrici, ci sono le operaie e le termiti soldato. Una notizia piuttosto inquietante, per quanto mi riguarda, è stato leggere che la regina può vivere anche dieci anni. Ma visto che “morto un Papa, se ne fa un altro”, temo possa essere lo stesso nel mondo delle termiti. Ad ogni modo, la scoperta più rincuorante è stata scoprire che l’acido borico - facile da reperire, a quanto si dice su Internet - sia molto efficace per colpire la colonia di insetti nel suo centro vitale. Ho spiegato a Mario quale fosse la tecnica consigliata dai professionisti della disinfestazione e lui, mi ha confermato che si usa la stessa sostanza anche nelle isole dei Caraibi più umide, come Grenada, ad esempio. L’acido borico è una sostanza non immediatamente letale per questi insetti che, generalmente, la assumono mangiando delle esche appositamente preparate e sistemate in zone strategiche. In un secondo momento, le termiti fanno ritorno al nido, portandovi parte delle stesse esche per nutrire le compagne che, a quel punto, vengono anch’esse avvelenate. L’efficacia di questo sistema non è garantita e comunque i tempi di realizzazione potrebbero essere molto lunghi, ma non abbiamo molte alternative, per questo motivo, la nostra prima tappa quotidiana è stata il consorzio agrario del luogo, nel quale, però, non abbiamo trovato nulla che facesse al caso nostro.

La farmacia era ancora chiusa e siamo quindi andati alla barca per iniziare a lavorare. Mentre Mario era ancora in coperta, mi sono detta che avrei potuto iniziare a ripulire la prua da tutta quella polvere di legno prodotta dalle termiti. Ho liberato ulteriormente il pianale da ciò che restava, constatando sin da subito che anche il compensato marino di sostegno sembrava molto inconsistente, oltre che completamente imbevuto di acqua e di umidità. Esercitando un po’ più di pressione sul compensato, si è spezzato e decine di termiti hanno cominciato a scorrazzare ovunque. 

Pessimo inizio di giornata! Ho comunicato a Mario che il problema era tutt’altro che arginato, sembrava infatti che la colonia che avevo appena scoperto, fosse ancor più grande di quella di ieri. A quel punto, mi sono accorta che anche lui era visibilmente preoccupato. Ci stavamo entrambi chiedendo fino a quale punto della barca potessero aver scavato le loro dannosissime gallerie e, ancor più, quante migliaia di uova avessero potuto depositare all’interno di esse.

Non avevo mai visto Mario agire con tanta risoluzione: mi ha chiesto di passargli alcuni attrezzi, tra cui spiccavano lo scalpello da legno e il martello. Senza indugio, ha cominciato a smantellare la prua a gran colpi di martello, riducendo in pezzi tutto il pianale che, effettivamente, era densamente popolato dalle nostre piccole amiche. Io recuperavo tutti quei frammenti lignei infestati, li raccoglievo in sacchi di plastica che, una volta pieni, venivano chiusi e gettati a terra dalla coperta, facendo un volo di tre metri. In un paio d’ore, la prua del Ferraù, si è trasformata da una piacevole ed accogliente cabina, in un angolo metallico dall’aspetto freddo e spartano, come gli interni di un sottomarino militare. Conclusa la prima fase, la demolizione, ci siamo detti che una pausa per il pranzo avrebbe giovato ad entrambi, così siamo rientrati al bungalow per ristorarci. 

Visto che nelle ultime sei ore non aveva piovuto, ne abbiamo poi approfittato per aprire ed ispezionare le vele nel giardino, sull’erbetta morbida. Tutto a posto, tranne una delle due rande, che richiederà un’occhiata da parte di Mado, la giovane velaia del cantiere. La pausa si è protratta perché eravamo davvero fiacchi. Ma ad un certo punto, ci siamo fatti forza e siamo ripartiti alla volta della farmacia. Lì, ho fatto l’ennesima scoperta sconcertante: non è più possibile acquistare l’acido borico in farmacia. Per fortuna, sono capitata al bancone con un farmacista piuttosto comprensivo, che ha risposto a tutte le mie domande, compresa la richiesta sul tipo di negozio in cui avrei potuto trovare questa sostanza che resta, nonostante i divieti della sanità pubblica, uno dei rimedi più comunemente utilizzato contro certi tipi di insetti. Complice l’assenza di clientela, si è addirittura messo a fare una ricerca su Internet per vedere se un certo negozio lo vendesse. È stato particolarmente gentile e indicandomi un negozio specifico, ha effettivamente risolto i nostri problemi perché abbiamo trovato un prodotto contenente il novantanove per cento di acido borico. 

Tornati alla barca, ci siamo dedicati al lavaggio della prua, arrivati allo scafo metallico, è stato un vero e proprio gioco da ragazzi. Abbiamo infatti potuto versare cloro e acqua, risciacquando più volte e aspirando l’acqua con il nostro bidone aspira-tutto, altro strumento preziosissimo.

Verso l’ora del tramonto ci siamo seduti in coperta, pianificando già i lavori per domani, ma siamo dovuti fuggire di corsa a causa del sopraggiungere delle zanzare.

 

 

Taravao, giovedì 2 ottobre 2025

Oggi, abbiamo cambiato alloggio. Arrivando dall’Italia, eravamo certi di poter rendere il Ferraù funzionale ed abitabile nel giro di una settimana, ma non è stato così e ce ne siamo resi conto alla svelta, tanto da aver noleggiato un’altra auto a partire da domani e un’altro alloggio a partire da oggi, appunto.

È stata quindi una giornata all’insegna del trasloco: abbiamo caricato la macchina ben quattro volte, trasferendo quando avevamo già portato al bungalow e continuando a svuotare la barca. Più la svuoteremo, più avremo spazio per ispezionarla, ripulirla e prepararla alla transoceanica.

Il nuovo alloggio è molto più confortevole del precedente: si tratta di una villetta ad un solo piano, come usa qui, sita in collina e circondata da un giardino pieno di vegetazione tropicale; gli interni sono ampi, abbiamo due camere, un bagno con doccia calda e un grande salone che comprende anche la cucina. In poche ore, lo abbiamo trasformato in una sorta di magazzino: vele, materassi, cuscini dei divani del Ferraù, sacchi stracolmi di biancheria, salvagenti, e la lista non è completa perché in barca abbiamo ancora molte cose da evacuare.

Domani non procederemo molto con i lavori a bordo perché dovremo recarci nuovamente a Papeete per occuparci della restituzione dell’auto noleggiata al nostro arrivo, una settimana fa, e della revisione della zattera di salvataggio, che dobbiamo portare al centro convenzionato. Sarà un’altra giornata molto impegnativa, quindi stasera, non tarderemo a coricarci.

 

 


Taravao, giovedì 2 ottobre 2025

Oggi, abbiamo cambiato alloggio. Arrivando dall’Italia, eravamo certi di poter rendere il Ferraù funzionale ed abitabile nel giro di una settimana, ma non è stato così e ce ne siamo resi conto alla svelta, tanto da aver noleggiato un’altra auto a partire da domani e un’altro alloggio a partire da oggi, appunto.

È stata quindi una giornata all’insegna del trasloco: abbiamo caricato la macchina ben quattro volte, trasferendo quanto avevamo già portato al bungalow e continuando a svuotare la barca. Più la svuoteremo, più avremo spazio per ispezionarla, ripulirla e prepararla alla transoceanica.

Il nuovo alloggio è molto più confortevole del precedente: si tratta di una villetta ad un solo piano, come usa qui, sita in collina e circondata da un giardino pieno di vegetazione tropicale; gli interni sono ampi, abbiamo due camere, un bagno con doccia calda e un grande salone che comprende anche la cucina. In poche ore, lo abbiamo trasformato in una sorta di magazzino: vele, materassi, cuscini dei divani del Ferraù, sacchi stracolmi di biancheria, salvagenti, e la lista non è completa perché in barca abbiamo ancora molte cose da evacuare.

Domani non procederemo molto con i lavori a bordo perché dovremo recarci nuovamente a Papeete per occuparci della restituzione dell’auto noleggiata al nostro arrivo, una settimana fa, e della revisione della zattera di salvataggio, che dobbiamo portare al centro convenzionato. Sarà un’altra giornata molto impegnativa, quindi stasera, non tarderemo molto a coricarci.

 

 

Papeete, venerdì 3 ottobre 2025

Sveglia all’alba, per riordinare l’appartamento in previsione di un altro carico di borse e borsine che arriveranno questa sera.

Primo appuntamento, noleggio auto: questa settimana sarò io lo chauffeur, infatti partiamo con due auto all’aeroporto di Papeete, dove Mario restituirà la prima macchina noleggiata al nostro arrivo. Percorriamo la strada lungo la costa senza alcun intoppo, partendo un po’ più tardi ci siamo risparmiati il traffico in tangenziale - proprio come a Milano.

Trovare il laboratorio che si occupa degli autogonfiabili, altrimenti detti zattere di salvataggio, è stata un’impresa. Non esisteva l’indirizzo, quindi abbiamo cominciato a fermarci nei pressi di alcuni grossi negozi, ad abbassare il finestrino e ad interrogare i primi passanti che incontravamo. Alla fine, ci siamo arrivati e per fortuna abbiamo depositato la zattera che Mario aveva acquistato per la prima traversata, sette anni fa. Monsieur Aldo l’ha spacchettata, aperta e gonfiata di fronte a noi. Non avevamo mai visto farlo, nemmeno Mario, e abbiamo trovato l’operazione molto istruttiva, la simulazione di una situazione estrema che si spera di non dover vivere mai. Tutte le componenti erano ancora perfettamente funzionanti: la bombola per gonfiare automaticamente il canotto, la lampada interna alla zattera e quella esterna, per segnalarne la presenza, la torcia. Verranno comunque sostituite tutte le batterie e anche i razzi di segnalazione, nonché le razioni di viveri. Infine, il tutto verrà nuovamente ripiegato e chiuso in un guscio di materiale plastico molto resistente, da tenere fissato in coperta. Ritireremo la nostra zattera revisionata la prossima settimana.

Sono seguite altre commissioni, in un centro di bricolage, per trovare una soluzione alternativa al compensato divorato dalle termiti che ovviamente non c’è più. La soluzione più semplice ed intuitiva sarebbe l’utilizzo di assi di legno, perline o laminato, ma trattandosi di legno e sapendo di avere quel flagello a bordo, siamo un po’ titubanti. Nel reparto di arredo da giardino, abbiamo trovato delle piastrelle quadrate autobloccanti di materiale plastico che potrebbero fare al caso nostro. Ne abbiamo acquistate quattro e vedremo come adattarle al Ferraú per rimpiazzare le parti lignee che siamo stati costretti a rimuovere.

Nel frattempo, si era fatta l’ora di pranzo, così abbiamo deciso di fermarci in un grande centro commerciale di Papeete per mangiare e cominciare ad osservare quali prodotti vi siano a nostra disposizione per costituire la cambusa. Al momento, sembra prematuro, ma prima o poi arriverà il giorno in cui ci imbarcheremo e leveremo l’ancora, quindi è meglio portarsi avanti, su tutti i fronti. Così, dopo pranzo, abbiamo effettuato la nostra ricognizione al supermercato, uno dei più grandi di Papeete per poi riprendere la strada verso Taravao. 

 

 

Alle due del pomeriggio eravamo già di ritorno al cantiere, dove ci siamo fermati da Mado, la velaia. Contro ogni pronostico, aveva già effettuato il lavoro ed era pronta per iniziare il secondo. Non eravamo del tutto convinti che consegnasse il primo lavoro perché un velista italiano, che si trova al momento nel nostro stesso cantiere, non ce ne aveva parlato granché bene. Può darsi che in questo periodo dell’anno abbia scarse richieste e che sia quindi riuscita ad occuparsi subito di noi. Ad accoglierci, nel suo atelier, cinque baldi operai del cantiere che si erano riuniti da lei a fine turno per bersi una birra in compagnia. Qui sono tutti molto cordiali e questo è un vero sollievo, psicologicamente parlando. Il lavoro era realizzato, ma le abbiamo chiesto di tenere il prodotto in veleria, per la solita questione degli spazi e lei ha gentilmente acconsentito. Mi piace moltissimo il suo atelier, credo che amerei fare un mestiere come il suo: c’è un enorme bancone da lavoro su cui si dispiegano le vele, che sembra il palco di un teatro amatoriale, poi due postazioni per cucire e, all’ingresso, un angolo molto accogliente adibito ad ufficio, con bellissime piante, alcune sedie, il computer, la sua scrivania, due potenti ventilatori e lo stereo sempre acceso con dell’ottima musica. 

Taravao, sabato 4 ottobre 2025

Sveglia di buon’ora per ricominciare. Questa mattina aspettiamo la nostra padrona di casa per pagare il soggiorno in euro, evitando così il fastidio di recarci in aeroporto a Papeete facendoci turlupinare all’ufficio del cambio come comuni turisti e anche per chiederle se possiamo prolungare il nostro soggiorno di una settimana, fino al 16 ottobre. 

È arrivata alle otto in punto e ci siamo seduti per discutere di tutte queste cose con calma. Si chiama Terau, una graziosa polinesiana sulla trentina - direi - estremamente cordiale e disponibile. Ci ha ascoltati e ci ha detto che non ci sarebbero stati problemi. Quando è ripartita, io e Mario ci siamo guardati, complici, pensando che avevamo avuto molta fortuna, infatti solo l’idea di riportare tutto ciò che abbiamo depositato nella casa di Terau in barca, ci fa girare la testa.

È con questa bella notizia, che siamo usciti alla volta del cantiere. La mattinata è stata piuttosto dura dal punto di vista fisico perché abbiamo rimesso mano al gavone di prua, quello che contiene le ancore, le catene, il motore del fuoribordo. Si tratta di oggetti molto pesanti, incastrati in un gavone molto angusto. Alla fine, una volta svuotato, lo abbiamo lavato, ripulendolo dalla terra con cui le termiti hanno costruito tutte le loro monumentali gallerie. Il risultato è stato che l’acqua del lavaggio è nuovamente scivolata nelle sentine di prua e in quelle centrali. Così dopo aver svuotato decine di volte il bidone nel quale aspiriamo l’acqua, ho dovuto ricominciare. 

Prima di pranzo, siamo comunque riusciti a riempire la macchina di altro materiale e, arrivati a casa, a fare una lavatrice e a stendere il bucato al sole. Questo sole ci ha accompagnati per tutto il pomeriggio, agevolandoci parecchio nella ripresa dei nostri lavori. Siamo riusciti a svuotare anche il bagno, pieno di cime fino all’oblò, e abbiamo iniziato a sgomberare la poppa. Probabilmente entro domani riusciremo a svuotare la barca e lunedì potremo forse, se il tempo ce lo permette, montare la randa, sgombrando ulteriormente l’interno. Mentre portavamo a terra altri oggetti, alcuni da mettere in macchina, altri da portare direttamente ai cassonetti, abbiamo ricevuto la visita della coppia di italiani che sono nel nostro Marina: due pensionati di Grosseto, lei ex medico e lui ex pilota di aerei. Avevamo già chiacchierato con lui nei giorni scorsi, ma la moglie l’abbiamo incontrata solo oggi. Una piacevole pausa, all’insegna dei consigli e delle impressioni riguardo Tahiti, le isole della società e il resto della Polinesia. Loro hanno navigato fino all’Australia negli ultimi sei anni, poi hanno deciso di far riportare la barca a Tahiti, caricandola su una nave cargo. E sono tornati nelle isole della società lo scorso anno. Caricare il Ferraù su una nave cargo era un’opzione, che è stata presa in esame da Mario, ma che, personalmente, ho sempre bocciato. Il Ferraù è una barca che non avrà nessun problema a solcare ancora una volta l’oceano, necessita solo di una rimessa a nuovo e noi siamo qui per questo.

Rientrati a casa, abbiamo cominciato a sentire qualche dolorino agli arti e alla schiena. Cerchiamo di risparmiarci e di non esagerare, ma ci sono sforzi che devono necessariamente essere fatti e noi non ci tiriamo indietro. Riposeremo meglio questa notte.

Taravao, domenica 5 ottobre

Oggi, mentre Mario rovistava nei gavoni, mi sono dedicata alla cucina, il mio regno indiscusso. Per un attimo, mi sono fermata ad osservare il disastro, fuori e dentro, poi ho cominciato a svuotarla. Avevo delle grandi buste e senza preoccuparmi di selezionare ciò che estraevo dai cassetti e dagli armadietti, ne ho riempite ben quattro: posate, coltelli, accessori, pentole e padelle. Portarle a terra, dall’alto di quella scala, è stato abbastanza faticoso, ma l’ho fatto immediatamente, prima di stancarmi con altre attività. Purtroppo, arrivata agli spazi più nascosti, ovvero quelli ricavati al di sotto dei pianali visibili degli armadietti della cucina, ho trovato molta umidità, tutto ciò che vi era stato riposto era quasi bagnato perché rivestito di carta o di cartone, per evitare che si rompesse. Normalmente, in barca si usano degli accessori in melamina, un composto chimico che si usa per realizzare oggetti di plastica, che risultano proprio per questo più leggeri e maneggevoli. Accade diversamente sulle barche più lussuose, dove oltre a stoviglie in ceramica, ci sono anche chef e camerieri, che costituiscono l’equipaggio. Quando, tornata dalla pausa pranzo, ho riempito altre quattro borse con un’infinità di oggetti di ceramica pesantissimi, non potevo credere ai miei occhi: il Ferraù fa concorrenza ad un panfilo di 30 metri, ci sono servizi di ceramica da otto, benché mi sia difficile credere di poter ospitare a cena otto persone contemporaneamente. Per il momento, la cosa più importante è svuotare la barca, in un secondo momento, penseremo a come riempirla nuovamente. La filosofia del “un passo alla volta”, per ora, sembra dare i suoi frutti.

Nello smuovere cassetti e pentolame, devo aver disturbato gli altri ospiti abusivi del Ferraù, le formiche. Due anni fa, Mario è venuto a Tahiti esclusivamente per fissare la barca a terra con delle cinghie molto resistenti, a causa di un’allerta ciclone. Per fortuna, il ciclone non è passato sopra Taravao, ha schivato tutta l’isola, ma queste cinghie, fissate a dei blocchi di cemento pesantissimi situati ai piedi della barca, hanno permesso alle formiche di salire a bordo. Così, oltre alle termiti, dobbiamo combattere anche le formiche.

 


Taravao, lunedì e martedì 6-7 ottobre 2025

Questi due ultimi giorni sono stati particolarmente lunghi, nel senso che, essendoci portati il lavoro anche a casa, stiamo facendo una quasi non-stop. La mattina, belli freschi e riposati, andiamo in cantiere di buon’ora, poi ci concediamo una pausa pranzo non troppo lunga a casa, durante la quale stendiamo un bucato e ne facciamo un secondo. Poi si riparte, anche se il pomeriggio è sempre meno produttivo, dato che è più breve per il sopraggiungere di zanzare ed oscurità.

Lunedì mi sono dedicata al bagno: svuotamento completo, inclusi tutti i medicinali, e pulizia da cima a fondo. È stata poi la volta di una delle cuccette di poppa, che sarà anche uno dei nostri due possibili giacigli in traversata. Anche per la poppa, stessa tecnica, svuotamento e pulizia.

Oggi, invece, è stata la volta del vano motore, ma per farlo abbiamo lavorato in due. Lavato e sciacquato per due volte, per eliminare polvere, sporcizia, residui di olio e grasso. Tutta l’acqua, naturalmente, finiva in sentina e andava aspirata e portata in coperta per essere gettata fuoribordo. Un lavoro molto fisico, ma che ha dato i suoi frutti. Ora che il vano motore è pulito, Mario potrà entrarci e mettere mano ai vari impianti, anche quello elettrico, visto che le batterie che abbiamo comprato di recente sono ubicate proprio lì. Nel pomeriggio, invece, avevamo appuntamento con Terau, per pagarle la seconda settimana di affitto in euro e per farcene cambiare mille da una sua amica che, sabato, partirà per la Francia e avrebbe comunque cambiato dei franchi polinesiani alla banca.

Aspettando l’amica di Terau, ne ho approfittato per conversare un po’ con lei. La trovo molto attenta ai dettagli e di una cordialità fuori dal comune. Mi ha detto che la casa in cui stiamo, che è una villetta bifamiliare, l’hanno fatta costruire lei ed il marito appena sposati, quando non c’erano ancora i due figli, che ora hanno ventuno e diciassette anni e che studiano entrambi. Dopo qualche minuto è sopraggiunta la sua amica, che vende piante e fiorì proprio di fianco al parcheggio in cui avevamo appuntamento, abbiamo effettuato il cambio e ci siamo salutate, accordandoci per il cambio della biancheria questo giovedì.

Taravao, mercoledì 8 ottobre 2025

A bordo del Ferraú c’è davvero una gran baraonda. D’altra parte, occorre aprire ed ispezionare tutti i gavoni per procurarsi il materiale necessario ad armare la barca e a controllare tutti gli impianti: quello elettrico, di batterie, frigorifero, impianto fotovoltaico e pilota automatico e radar; quello idraulico, di bagno e cucina, e poi il motore, in tutta la sua complessità. 

Abbiamo dedicato la mattinata alla ricerca dei pezzi meccanici che ci serviranno a breve e alla selezione delle cime necessarie ad armare la barca. Spostando le cime, sono infine riuscita ad accedere ai gavoni degli alimenti, che gestisco personalmente e che dovrò riempire quando faremo la cambusa. Ricordavo di non aver lasciato molti prodotti e, per fortuna, non mi sbagliavo. Sono addirittura rimasta piacevolmente sorpresa scoprendo che sono rimaste sei bottiglie di vino. Purtroppo, le condizioni in cui sono state conservate non sono ottimali, ma proveremo a stapparne qualcuna, magari per festeggiare la fine dei lavori.

Nel pomeriggio, invece, siamo rimasti bloccati a casa, a causa di un malessere condiviso. Qualche giorno fa, avevamo deciso di comprare una lattina di carne in scatola polinesiana, per decidere se inserirla nella rosa dei prodotti della cambusa oppure no e per pranzo l’abbiamo assaggiata. Se inizialmente, ci è parsa passabile, in un secondo momento, abbiamo cominciato ad accusare tutti i sintomi del blocco della digestione. Ci siamo quindi dedicati al bucato, al pentolame e ai medicinali, sorseggiando tisane tutto il pomeriggio, nella speranza che il senso di pesantezza passasse. Anche questi sono lavori che devono essere fatti, quindi ne abbiamo approfittato, anche per riposare un po’ i muscoli.

 

Taravao, giovedì 9 ottobre 2025

Sveglia alle sette per me, mentre Mario era già operativo da un paio d’ore. Dorme poco, soprattutto quando c’è qualcosa che lo preoccupa e il pensiero di oggi sono gli oring del 24 portati dall’Italia per rimontare il wc. Senza di essi, non avremo modo di usare i servizi igienici, quindi si tratta di un problema di una certa entità. Li ha cercati in mezzo alla montagna di medicine che giacciono sulla scrivania del salone, in mezzo agli abiti portati dall’Italia, nel mio zaino e nel suo, ma senza fortuna. 

Una volta fatta colazione, siamo usciti per recarci al cantiere, dove ha ricominciato la sua spasmodica ricerca in barca. Non potendolo aiutare, mi sono trovata un’occupazione: svuotamento e pulizia dell’ultimo angolo del Ferraù non ancora esplorato, ovvero la cuccetta di poppa di babordo. Si tratta della gemella della cuccetta di tribordo, ma questa  era decisamente più umida e ammuffita, sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale l’esposizione al vento, al sole e alle intemperie. Ci ho messo un paio d’ore, ma alla fine è tornata quasi come prima. Dal gavone più alto ho estratto così tanti profili di legno e tavole di compensato da credere di poter ricostruire la prua che Mario ha dovuto demolire nei giorni scorsi. Anche quelli erano tutti ammuffiti e hanno richiesto una singola passata di straccio.

Poi è stata la volta dei gavoni dedicati al motore: abbiamo passato in rassegna tutto il materiale a nostra disposizione, constatando, per fortuna, che abbiamo a bordo tutto il necessario per la regolare manutenzione.

Dopo una breve, ma rifocillante pausa pranzo, ci siamo occupati di smantellare i fornelli e il forno, che domani ricompreremo nuovi a Papeete. 

In tutte queste operazioni, però, gli oring del bagno non sono tornati alla luce. In serata, Mario era talmente ossessionato da questi due pezzetti di gomma, che mi ha chiesto se, per caso, non li avessi presi io. Mi è venuto da sorridere, ma al tempo stesso, ho intuito la sua disperazione, perciò gli ho detto che avremmo controllato insieme tutto il mio bagaglio, mentre avremmo preparato i sacchi degli indumenti da imbarcare. Visto l’altissimo tasso di umidità presente a Tahiti, che in navigazione non andrà certo diminuendo, abbiamo infatti deciso di imbustare tutto in sacchetti sottovuoto, sia per ragioni di volume che di salvaguardia da umidità, odori di muffa ed insetti indesiderati con i quali condivideremo, nostro malgrado, l’alloggio. Pur avendo fatto un ottimo lavoro e aver visionato tutto il mio bagaglio, nessuna traccia degli oring, ma coricandosi, Mario mi ha detto di aver avuto un’intuizione rispetto ad un posto in barca in cui potrebbe averli riposti affinché non si perdessero. Vedremo domani.


 

 

Papeete, venerdì 10 ottobre 2025

Prima di prendere la via per la capitale, siamo andati in barca per aprire gli oblò e per verificare se l’intuizione serale di Mario fosse esatta. La giornata è iniziata bene: gli oring sono stati ritrovati e avremo quindi il nostro wc perfettamente funzionante.

Ormai, ci destreggiamo agilmente nelle strade strafficatissime della città e quindi abbiamo fatto tutte le nostre commissioni senza troppe perdite di tempo. Siamo tornati a Taravao verso le cinque del pomeriggio con l’autogonfiabile regolarmente revisionato e i fornelli nuovi. 

Rientrando a casa, mi sono resa conto che guidare tutto il giorno sulle strade tahitiane è davvero faticoso. 

Dopo una bella doccia calda, assaggeremo uno dei rosé della cantina del Ferraù: il ritrovamento degli oring ci sembra un valido motivo.

Taravao, sabato 11 ottobre 2025

Oggi, ci siamo dedicati a mettere ordine un po’ ovunque e - a dire il vero - c’è proprio l’imbarazzo della scelta.

In mattinata, abbiamo liberato la parte centrale della barca da tanti oggetti e materiali, in particolar modo la sezione pitture e diluenti. Nel pomeriggio, invece, ci siamo dedicati alla prua, per creare il piano di appoggio per tutte le vele. Domani, cominceremo a riportarle tutte a bordo. Lo stesso stiamo già facendo per stoviglie e abiti, divisi in due categorie: navigazione e non. 

Stasera, siamo meno stanchi rispetto ai giorni scorsi. Una giornata più tranquilla, nella quale gli sforzi fisici sono ridotti, è molto utile a ricaricare le energie per mantenere il ritmo, che in effetti è sostenuto da più di quindici giorni. 

A proposito di questo, a cena ci siamo resi conto che, da quando siamo a Tahiti, non ci siamo concessi praticamente nulla di piacevole e divertente: né una cena al ristorante, né un bagno al mare o una gita in uno dei luoghi più noti dell’isola. È strano perché ci sentiamo un po’ a casa, conosciamo già tutto essendoci stati per un mese e mezzo al nostro arrivo dopo la prima traversata e quasi due mesi l’anno seguente, ma rivedere questi siti, remoti ed incantevoli, crea sempre una certa meraviglia. Per il momento, mi accontento di godermi alcuni scorci, mentre guido, in particolare la striscia bianca che si forma al limite della laguna quando l’onda oceanica frange sulla barriera corallina. È uno spettacolo a noi europei sconosciuto, che non smette mai di incantarmi. Oppure, la natura, che qui, come ovunque ai tropici, è particolarmente lussureggiante, caratterizzata da foglie di dimensioni straordinarie e di fiori coloratissimi. Anche gli alberi da frutto sono molto interessanti perché estremamente vari. Ho letto, non più tardi di ieri, un articolo riguardante un americano, di nome Harrison Smith, che a partire dal 1919 e sino alla sua morte, sopraggiunta nel 1947, si è dedicato quasi esclusivamente all’introduzione di nuove specie vegetali sull’isola di Tahiti. 

È incredibile che lo abbia potuto fare, pensando alle norme che oggi regolamentano i flussi migratori delle persone. Non meno di due settimane fa, quando siamo atterrati qui, all’uscita dall’aeroporto la polizia di dogana ci ha infatti interrogati a proposito del trasporto di cibo nel nostro bagaglio, cosa assolutamente vietata. Oggigiorno, si presta particolare attenzione ai rischi di una possibile contaminazione dell’ecosistema locale, soprattutto sulle isole. Quando visitammo le Galapagos, ricordo che i divieti di trasportare del cibo nei propri zaini da escursione, vigevano addirittura da un’isola all’altra dell’arcipelago, proprio perché in milioni di anni, gli ecosistemi di ogni singola isola si sono completamente diversificati. Le barche che intendono fermarsi lì, per fare una sosta e visitare quei luoghi straordinari, devono dimostrare di non avere animali marini o vegetali, come i comunissimi denti di cane o alghe di qualsiasi specie attaccati alla chiglia. Anche il cibo contenuto nella cambusa subisce un’ispezione particolarmente minuziosa da parte delle guardie naturalistiche.

Tornando al nostro Mr. Smith, egli introdusse non solo numerosissime piante da frutto, che furono utilissime a nutrire una popolazione demograficamente in crescita, ma anche moltissime specie di piante ornamentali che oggigiorno colorano l’isola e rendono possibile la realizzazione delle incredibili decorazioni tipiche delle isole polinesiane. Le corolle di fiori con cui si dà il benvenuto ai propri ospiti, le corone fiorite che le donne sono solite indossare nei giorni di festa o semplicemente i fiori freschi che, sia uomini che donne, portano nei capelli, sopra l’orecchio al posto di un monile artificiale.

Ieri, ad esempio, quando abbiamo comprato il fornello nuovo per la barca e pagato la fattura della revisione dell'autogonfiabile, abbiamo notato con piacevole stupore che il POS per il pagamento elettronico era circondato da fiori freschi e coloratissimi.

Taravao, domenica 12 ottobre 2025

La domenica - lo avevamo già constatato nelle scorse settimane - è tutto molto più tranquillo, meno traffico, meno rumore, meno gente per strada e per negozi. Abbiamo comprato del pane fresco e un rotolo di scotch da pacchi al supermercato, prima di andare in barca. Siamo arrivati al cantiere, mentre sulla banchina stava per salpare il gommone del diving, carico di bombole, materiale per le immersioni e un nutrito gruppo di giovani sorridenti ed entusiasti dell’uscita che si apprestavano a fare. Ammetto che sarei saltata sul gommone al volo, se solo avessi potuto, purtroppo mi sono limitata a salutare e ad augurare a tutti una buona immersione, visto che la giornata sembrava ottima: mare liscio come l’olio e cielo leggermente velato. 

Per i lavori, la situazione meteorologica non era proprio ciò che possiamo definire l’ideale, infatti il tasso di umidità, addirittura superiore all’ottanta per cento, si è fatto percepire tutto fino al pomeriggio, quando una leggera brezza si è infine levata, increspando la laguna e creando dei giochi di rifrazione luminosa quasi accecanti verso l’ora del tramonto, che abbiamo osservato dalla poppa del Ferraú prima di chiudere tutto e tornarcene a casa.

La conquista della giornata è stato l’impianto elettrico: le batterie sono collegate e da domani cercheremo di ricaricarle con i pannelli solari, simulando la situazione abituale che si presenta in navigazione.

 

Taravao, lunedì 13 ottobre 2025

La giornata è iniziata male: siamo riusciti a chiuderci fuori di casa. Forse la stanchezza, forse il fatto che la porta abbia due diversi sistemi di chiusura, uno tradizionale con chiave, che è fuori uso, e uno sui generis con un nottolino che va girato dall’interno e blocca la rotazione della maniglia, fatto sta che ci siamo ritrovati chiusi fuori.

Fortunatamente stavamo uscendo e quindi avevo le chiavi della macchina in tasca e il cellulare. Prima di andare in cantiere, ho prontamente mandato un messaggio a Terau, giusto per cercare di risolvere la questione per l’ora di pranzo.

Dopo un’oretta, infatti, mi ha risposto, rassicurandomi e dicendomi che suo marito sarebbe potuto passare da casa anche subito. Così, sono rientrata e l’ho aspettato. 

Nell’attesa, ho provato ad immaginare che tipo potesse essere, un francese trasferito a Tahiti da trent’anni o un autoctono maori? Il marito di Terau è stato una sorpresa: un uomo sulla quarantina, mingherlino, privo di qualsiasi accento ed estremamente gentile, come sua moglie. 

Mi sono scusata in tutte le lingue che conoscevo per il fastidio arrecatogli, ma lui mi ha assicurato che non c’erano problemi e ne ha approfittato per chiedermi se potesse venire domani a svuotare l’unica stanza chiusa a chiave della casa che stiamo affittando.

Proprio ieri, abbiamo chiesto a Terau se ci potessimo fermare altri dieci giorni dopo lo scadere della seconda settimana. La barca sta riacquistando la sua forma normale, ma l’elevatissima umidità che caratterizza questi luoghi, le ha davvero inferto un colpo terribile e desideriamo farla asciugare il più possibile prima di salire a bordo e cominciare a viverci giorno e notte. Terau è suo marito hanno gentilmente acconsentito al prolungamento del nostro soggiorno, ma ci hanno chiesto la cortesia di poter accedere alla stanza chiusa a chiave per svuotarla di tutto il suo contenuto e ridipingerla nel weekend. La loro intenzione è infatti quella di affittarla a lungo termine, a partire da novembre, ad una francese che si è appena trasferita qui per lavoro. Naturalmente, gli ho detto che non ci sarebbero stati problemi, ma quando l’ho riferito a Mario, ho notato sul suo volto un’espressione di terrore. In effetti, nelle ultime due settimane, abbiamo trasformato la casa in un magazzino disordinatissimo e sicuramente dovremo cercare di sistemare un po’ le cose entro domani pomeriggio. Dal mio punto di vista, si tratta di un’ottima occasione per fare ordine e, al tempo stesso, cambiare attività per un giorno.

La giornata in barca ci ha visti ancora impegnati nello stoccaggio all’interno dei gavoni di tutti i materiali utili, e non, alla navigazione. Mario ha anche collegato il frigorifero all’impianto, mentre io mi sono dedicata alla caccia alle formiche in coperta. 

Tornati a casa, ci siamo cucinati un ottimo confit de canard.

 

Taravao, martedì 14 ottobre 2025

Ha cominciato a piovere durante la notte e, questa mattina, una leggera pioggerella ha continuato a cadere dolcemente ed imperterrita. Ho proposto a Mario di accompagnarlo al cantiere per poi tornare a sistemare qui a casa, ma è rimasto volentieri anche lui, dicendo che avremmo potuto sistemare tutto per bene, dal momento che in barca con la pioggia si lavora male e che, prima o poi, andava fatto. In effetti, tanto valeva fare bella figura con Terau, rassicurandola sulle condizioni in cui custodiamo la sua casa.

Ho piegato decine di camicie, Mario negli anni ne ha infatti accumulate una quantità spropositata, c’erano poi tutti i copri cuscini dei divani del Ferraù e dei materassi delle nostre due cuccette di poppa. Mario si è dedicato ai documenti della barca, anch’essi accumulati con una buona dose di disordine.

Nel primo pomeriggio, avevamo ripristinato completamente l’ordine di casa, eliminando parecchio materiale ormai vetusto che a bordo non faceva altro che occupare spazio. Quando Terau è arrivata, ci siamo quindi messi a lavorare al computer: la prima operazione è stata scrivere un’e-mail a Mr. Roy Bravo, l’agente panamense che a suo tempo si occupò della nostra pratica di attraversamento del canale di Panama, per ricontattarlo e cercare di preparare, per quanto possibile, il nostro arrivo in America Centrale. In seconda istanza, ci siamo concentrati sulla cambusa, abbiamo annotato tutta la gamma di prodotti alimentari che ci possono interessare e che abbiamo scorto in vendita nelle scorse settimane.

La pioggia non è ancora cessata, la temperatura è scesa a ventitré gradi e ci è venuto il desiderio di bere un tè caldo a metà pomeriggio.

Ci siamo risparmiati per la giornata di domani, che trascorreremo nuovamente a Papeete.

Papeete, mercoledì 15 ottobre 2025

Ci siamo alzati tardissimo, erano già le otto passate e siamo partiti ancor più tardi per Papeete, perché dovevamo assolutamente passare dalla barca per effettuare qualche misurazione e recuperare dei campioni di materiali che dobbiamo procurarci nei vari negozi della capitale.

Per cambiare, abbiamo scelto di percorrere la strada che costeggia l’isola sul lato orientale, crediamo che possa essere più veloce in quanto attraversa meno paesini. Effettivamente, per una quarantina di minuti abbiamo guidato senza alcun intoppo, ma gli ultimi dieci chilometri, quelli ormai facenti parte della periferia di Papeete, ci hanno rallentato un po’. Di tutte le commissioni che avevamo programmato di fare, circa la metà sono andate a buon fine, le altre non si sono risolte con esito positivo e l’assenza di alcuni oggetti di cui abbiamo davvero bisogno ha cominciato a preoccuparci.

Dal momento che durante le nostre passate visite a Papeete non ci siamo mai concessi nulla di piacevole, oggi abbiamo trascorso la pausa pranzo al mercato coperto centrale. Si tratta di un luogo davvero caratteristico, dai colori vividi, animato da una cullante musica tahitiana e inebriante di profumi di vaniglia e di cibi appena cucinati e pronti da assaporare. Purtroppo, non mi è mai capitato di visitarlo negli orari giusti, ovvero prima dell’alba, quando pare pulluli di venditori, di acquirenti e di ogni sorta di mercanzia. È stato comunque piacevole passeggiare tra i vari banchi, riempiendosi gli occhi di tipici manufatti artigianali e colori polinesiani.

Conclusa questa piacevole parentesi, siamo ripartiti, alla volta di tre negozi specializzati in attrezzature marittime, dove ci siamo per lo più informati sui prezzi di alcuni accessori che è probabile debbano essere sostituiti prima di salpare.

Verso le quattro del pomeriggio, abbiamo ripreso la via del ritorno, ma lato occidentale e abbiamo in effetti commesso un grave errore. Per rientrare a Taravao ci sono volute quasi due ore e mezza. Siamo rientrati sotto una pioggia battente, avvolti nel buio più totale, visto che qui solo le vie principali sono illuminate da sparuti lampioni.

Taravao, giovedì 16 ottobre 2025

Quando ci siamo alzati, c’era un sole meraviglioso, a dispetto delle pessime previsioni meteorologiche che annunciavano pioggia per l’intera giornata.

Purtroppo, il tempo di fare colazione e il cielo si è rannuvolato. Abbiamo lavorato in barca tutta la mattina, sistemando decine di oggetti nei vari gavoni. I pannelli solari hanno reagito positivamente ai raggi UV cominciando a caricare le batterie. Tutto ciò che riguarda l’impianto elettrico, sembra funzionare a meraviglia e questo ci rincuora. La baia si è coperta di una fitta coltre di nebbia, sembrava una delle nostre uggiose giornate autunnali, all’infuori della temperatura, che continua a sfiorare i venticinque gradi.

Siamo rimasti a bordo un po’ più del solito, dicendoci che nel pomeriggio, a causa di questa eccessiva umidità, non saremmo tornati, concentrandoci su altre attività.

Dopo pranzo, infatti, io mi sono dedicata al blog, mentre Mario ha cercato informazioni utili sullo sbarco a Panama. Occorre prevedere tutto ed anticipare ogni cosa per non trovarsi spiazzati.

Anche oggi, Terau è suo marito sono venuti per svuotare la stanza che dovranno ridipingere sabato mattina. Mi piace questa situazione di condivisione. Verso le cinque del pomeriggio, loro stavano lavorando e noi li abbiamo salutati dicendo che saremmo andati a fare compere. Ci rivedremo ancora domani pomeriggio e sabato mattina verranno per dipingere verso le sette e mezza. Abbiamo detto loro che ci berremo un caffè insieme e allora Terau ci ha proposto di portarci dei firi firi al cocco per colazione, i migliori, ha detto. Non vedo l’ora di assaggiarli. E noi, offriremo loro un vero Lavazza preparato con la moka italiana. Uno scambio gastronomico, come quelli che mi piacciono tanto. I firi firi sono delle frittelle che i polinesiani sono soliti consumare per colazione, alle prime ore del giorno, quando si mettono in movimento. Qui la vita lavorativa inizia davvero presto, intorno alle quattro del mattino, i ragazzi iniziano la scuola alle sette. Tutto inizia prima e finisce, di conseguenza, prima. 


Taravao, venerdì 17 ottobre 2025

Altra giornata all’insegna della pioggia, anche se questa mattina, siamo riusciti a lavorare un po’ all’aperto: Mario in coperta e io al pontile. Abbiamo continuato a sistemare , pulire e catalogare i tanti strumenti, utensili e oggetti presenti in barca fino all’ora di pranzo. Dopo una breve pausa, a casa, siamo tornati in barca sotto la pioggia e abbiamo finalmente riparato il rubinetto della cucina. 

Rientrati verso le cinque e mezzo del pomeriggio, ci siamo rilassati un po’. Un buon calice di rosso, un Languedoc del 2016, bottiglia della cantina del Ferraù miracolosamente scampata a questa infausta permanenza a Tahiti, accompagnato da dell’ottimo jazz in sottofondo.

 

Taravao, sabato 18 ottobre 2025

Oggi è stata una giornata davvero intensa. Avevamo puntato la sveglia alle sei perché aspettavamo Terau e un suo conoscente per le pitture della seconda camera da letto, quella di cui non disponiamo durante il nostro soggiorno. L’orario pattuito erano le sette meno un quarto, ma alle sei e mezza, Terau e Michel hanno fatto capolino alla porta. Per fortuna, eravamo già pronti, ho acceso il gas e preparato la moka. Un quarto d’ora più tardi, eravamo già seduti gustando un firi firi al latte di cocco ancora caldo e un buon caffè italiano. Queste frittelle sono davvero gustose e in Polinesia si consumano per colazione la domenica mattina. Di solito si preparano in casa, ma si trovano pronte, ancora calde, ad ogni angolo della strada. Abbiamo chiacchierato un po’ con Terau, è Una donna molto piacevole e generosa. Vista la nostra disponibilità e il buon rapporto che si è instaurato tra di noi in queste settimane, ci ha detto che potremo restare a casa loro fino alla fine del mese, senza pagare oltre il nostro soggiorno. Questa è stata un’ottima notizia perché significherà ancora più tempo per sistemare tutto a bordo del Ferraù.

Alle sette e un quarto, purtroppo, siamo dovuti scappare perché dovevamo restituire la macchina a noleggio e andare a prenderne un’altra, noleggiata a condizioni più vantaggiose.

Tutto è filato liscio: abbiamo consegnato una piccola Renault rossa e ritirato una piccola Suzuki grigia nel giro di un’oretta. A quel punto, abbiamo fatto una veloce commissione e acquistato un pezzo metallico per la barca, ma era sorto un luminosissimo sole, che mancava ormai da qualche giorno, così abbiamo deciso di gozzovigliare per un po’ alla ricerca di begli scorci da fotografare. Siamo stati lungo la costa di Tahiti Iti, ma anche in cima all’altopiano di Taravao, da dove è possibile scorgere la sottile striscia di terra che unisce Tahiti Nui a Tahiti Iti. C’era una leggera foschia, ma tutto sommato, il panorama era mozzafiato. Lungo il percorso su cui si snoda la strada, abbiamo potuto osservare alberi maestosi come non se ne vedono più dalle nostre parti. In effetti, qui la natura sembra esprimersi con un’energia straordinaria, che non conosce limiti.

Verso le undici, eravamo affamati, probabilmente il firi firi era stato abbondantemente digerito, per cui abbiamo optato per un sandwich acquistato ad una delle baracche lungo la strada. Ci siamo detti che avremmo risparmiato del tempo e potuto lavorare in barca per il resto della giornata. Effettivamente, siamo rimasti al cantiere fino al tramonto, occupandoci di varie cose che sembrano procedere per il meglio. Domani, lavoreremo in coperta e, visto che Michel e Terau torneranno per concludere i lavori, partiremo nuovamente di buon’ora.

Taravao, domenica 19 ottobre 2025

La nostra domenica è trascorsa tranquilla, il cantiere, durante il weekend, è particolarmente silenzioso e vi si respira, in qualche modo, un’aria di maggiore rilassatezza.

Sono passati a farci un saluto Marie e Yves, in un primo tempo, e un’altra coppia di francesi, molto simpatici ai quali mi riservo di chiedere il nome, in un secondo momento. Entrambe queste coppie sono molto partecipi ai nostri lavori: chiedono regolarmente aggiornamenti e, ogni qual volta ne hanno la possibilità, vista la loro decennale permanenza in Polinesia, ci danno delle informazioni o ci raccontano di come altre barche e altri equipaggi abbiano affrontato un determinato problema che ci capita di menzionare.

Ci stiamo occupando, attualmente, della normale manutenzione dei verricelli, che, dopo questi anni di inattività, necessitano di una pulita e di un’ingrassatura per ritrovare la loro completa funzionalità. 

Tornando a casa, abbiamo notato che Michel era venuto e aveva completato il lavoro di imbiancatura, ma non abbiamo ricevuto notizie da parte di Terau, forse perché la domenica si dedica alla chiesa e alla sua famiglia.

 

Taravao, lunedì 20 ottobre 2025

Siamo andati al cantiere davvero di buon’ora, visto che ci siamo alzati, senza volerlo, prima delle sei, al sorgere del sole. In questi casi, sappiamo che è molto meglio approfittarne e guadagnare tempo, sfruttando pienamente le ore di luce.

Oggi ricomincia la settimana e speriamo di vedere la nostra velaia Mado, alla quale dobbiamo confidare altri due lavoretti. Non è certo che apra il suo atelier il lunedì, ma non avendo particolare fretta, la questione non ci preoccupa. 

Abbiamo invece deciso di revisionare il bompresso e quindi dobbiamo iniziare a smontare il pulpito e gli elementi d’acciaio inossidabile per poter sfilare la parte lignea e verificarne le condizioni. Il bompresso è un elemento fondamentale per gli equilibri della barca, regge infatti sia l’albero che il fiocco.

Nel pomeriggio ha diluviato per tre ore abbondanti e quindi siamo stati costretti a spostarci e ad operare sottocoperta. Anche questo non ha rappresentato un gran problema, data la quantità di cose da portare avanti. Abbiamo ripristinato la funzionalità dei lavelli della cucina e cominciato a metter mano all’impianto elettrico. Abbiamo smesso di lavorare quando era quasi buio e siamo rientrati a casa particolarmente stanchi. In questi casi, ci facciamo una doccia bollente, mangiamo qualcosa e, non appena Morfeo fa capolino, ci corichiamo, nella speranza di risvegliarci completamente ricaricati. 

Bevendo il mio caffè serale, che non disturba minimamente il mio sonno, ho controllato le e-mail e vi ho trovato una sorpresa graditissima. Da quando sono arrivata a Tahiti e ho cominciato a ripercorrere le strade di Taravao, centinaia di ricordi avevano affollato la mia mente ed uno di questi, in particolare, era ricorrente, quello legato ad una coppia di francesi che avevo conosciuto nel 2019, la stagione successiva al nostro sbarco in Polinesia francese.  Si tratta di Marie-France e Christian, due persone che ho apprezzato e amato sin dai primi momenti trascorsi insieme. Ci siamo incontrati per un caso fortuito: io e Mario eravamo in cantiere, proprio come adesso, e accanto al Ferraù c’era una barchetta, di proprietà di Christian. Quel giorno, mentre lavoravamo, abbiamo sentito salutare in italiano, cosa piuttosto rara da queste parti, ed era lui che, col suo piacevolissimo accento francese, cercava di richiamare la nostra attenzione. 

Non so come spiegarlo, ma ci sono delle relazioni tra persone che iniziano con una carica energetica inspiegabile e quella con Christian è stata di quel tipo. Lui, ci ha parlato di come conoscesse l’italiano perché in passato aveva vissuto in Italia e aveva sposato una ballerina classica italiana e ci ha parlato della sua dolce metà, che ci avrebbe fatto conoscere il giorno successivo. È così, in tutta naturalezza, in un’estate calda e soleggiata a Tahiti, che ho incontrato Marie-France per la prima volta, una collega - sì, perché era un’insegnante di francese anche lei, prima di andare in pensione - e una persona straordinariamente piacevole. Ci siamo frequentati assiduamente durante il nostro soggiorno tahitiano dell’epoca: eravamo soliti incontrarci per delle escursioni, al mare o in montagna, dei pranzi o delle cene o semplicemente per chiacchierare piacevolmente. Siamo rimasti in contatto per anni, a causa del Covid, infatti, non avevamo più fatto ritorno in Polinesia, ma nel frattempo, Marie-France e Christian hanno deciso di lasciare i tropici e tornare in Europa, trasferendosi in Sicilia. È a quel punto che ci siamo persi.

Qualche giorno fa, però, continuando a ripensare a tutti quei bei ricordi che li vedevano protagonisti in quest’isola meravigliosa, avevo scritto una mail all’indirizzo di Marie-France, raccontandole la mia situazione attuale e sperando in una sua risposta.

Il mio desiderio sembra essere stato esaudito, visto che questa sera ho trovato una sua e-mail, dal tono entusiasta per le notizie ricevute.

Leggere il racconto di tutto ciò che lei e Christian hanno vissuto tra la Sicilia e la Francia negli ultimi due anni è stato emozionante e anche rincuorante, perché, benché non possa ritrovarli qui a Tahiti, ho la certezza di poterli riabbracciare in un futuro non così troppo lontano in Italia. Alla Polinesia, invece, prima o poi, sarò costretta a dire “addio”, una cosa che ho sempre trovato assolutamente innaturale. Ciò che potrò portare con me, sono i ricordi delle persone che sto incontrando e frequentando in quella che non può definirsi propriamente una vacanza: ogni giorno, scambio saluti con gli operai del cantiere, persone nate e cresciute qui, che forse sognano Parigi e l’Europa. Mi dico che il mondo è proprio strano, gli esseri umani poi, sognano sempre ciò che non hanno o che potrebbero ottenere con estrema fatica. Ad ogni modo, nei miei innumerevoli viaggi, non vi è mai stato nulla di più prezioso che condividere una parte, anche breve, della quotidianità degli autoctoni dei Paesi da me visitati. I loro sguardi, le loro domande, le loro reazioni, mi hanno sempre aiutato a capire che, forse, il paradiso in Terra non esiste, a meno che non riusciamo a crearne uno a nostra misura, là dove siamo o decidiamo di stare.

 

Taravao, martedì 21 ottobre 2025

Questa mattina, abbiamo liberato il bompresso da tutte le sue costrizioni meccaniche e, con l’aiuto di due operai del cantiere, che sono arrivati in nostro soccorso con un muletto, abbiamo sfilato e deposto a terra questa trave lignea lunga oltre due metri e mezzo. 

La punta è parsa sin dalle prime analisi piuttosto provata dall’umidità dell’isola. Yvan, il dirigente del cantiere che ci aveva inviato in aiuto i due operai, è passato in bicicletta a dare un’occhiata al pezzo e discutendo con me sulle varie possibilità che Mario stava prendendo in considerazione, mi ha parlato di un suo amico falegname, proponendomi di chiamarlo per sentire se potessimo andare a mostrargli il nostro bompresso. 

La fortuna ha voluto che tale Pierre, residente sulle montagne nei paraggi di Taravao, si stesse dirigendo dal medico in città per un problema al ginocchio. È lui che ha proposto di passare alla marina per osservare il pezzo e formulare un suo giudizio su un eventuale intervento. 

Anche l’incontro con Pierre e la sua compagna è stato molto interessante. Lui è un francese di una settantina d’anni, che vive a Tahiti da più di trenta e che si guadagna da vivere fabbricando mobili. Scambiando qualche parola con la sua compagna, ho saputo che Pierre ha iniziato la sua carriera nell’ambito della nautica e infatti tutto ciò che ha detto, ha trovato preciso riscontro nelle conoscenze di Mario riguardo la qualità dei legni da utilizzare per fabbricare tale o tale pezzo. Alla fine, lui ed il capitano si sono accordati per un rifacimento completo del bompresso che è bene abbia tutta la sua resistenza in navigazione. Il legno prescelto è il pino dei Caraibi che sembra uno dei più adatti a svolgere quella funzione, oltre ad essere una delle essenze più facilmente reperibili in questa zona del mondo.

Il pomeriggio, ci ha visti impegnati in piccole attività. Abbiamo comunque fatto ritorno a casa molto affaticati e anche stasera non tarderemo a coricarci.


Taravao, mercoledì 22 ottobre 2025

Questa è stata una giornata molto divertente: abbiamo rivisto Terau, che è passata da casa nel pomeriggio per recuperare pentole, posate e arredi della cucina che non lascerà alla prossima inquilina. In effetti, benché i lavori in barca non siano ancora conclusi e benché ci dispiaccia molto, saremo costretti a lasciare questa bella villetta tra una settimana perché Terau e Teva  avevano già firmato un contratto di affitto annuale con una collega di Teva. Parlando di questo, ne ho approfittato per chiedere informazioni sulle loro attività professionali e ho scoperto che sono entrambi miei colleghi: Teva insegna ginnastica al liceo e Terau è maestra di sostegno alla scuola primaria. Ci siamo bevute un altro caffè italiano discorrendo allegramente e verso le cinque del pomeriggio abbiamo accolto la sua amica Andreaa che si occuperà di risistemare la casa alla nostra partenza e prima dell’arrivo della nuova inquilina, il 31 mattina. Anche Andreaa è stata molto cordiale e simpatica.

Questa mattina, abbiamo testato l’impianto elettrico con successo e provato il salpa àncora. Per fortuna funziona tutto e domani dovrebbe essere la volta del frigorifero. Oggi pomeriggio, dato che aspettavamo la visita di Terau, ce la siamo presi comoda e approfittato per riposare un po’. Avevamo comunque alcune cose da fare, qui a casa, come ad esempio ripristinare le coperture dei cuscini della barca, materassi e divani, dopo che, nelle scorse settimane, li abbiamo lavati e disinfettati tutti. 

 

Taravao, giovedì 23 ottobre 2025

Anche oggi abbiamo fatto nuovi incontri: nel pomeriggio, mentre stavamo lavorando nel motore per il cambio dell’olio, del filtro e del liquido refrigerante, ho sentito una voce, mi sono affacciata e ho scorto un giovane, moro, capelli corti, piedi nudi, che mi ha subito chiesto se fossimo noi ad avere un motore 15 cv da donare. Ho sorriso, ho confermato che eravamo proprio noi e ho detto che avrei chiamato Mario. Nel mentre, il ragazzo si è presentato, il suo nome è Lionel e la sua compagna si chiama Soraja. Ci siamo dati tutti da fare per calare il motore a terra e poi caricarlo sul gommone dei ragazzi. Hanno insistito per ringraziarci e sdebitarsi in qualche modo con noi, quindi si sono offerti di omaggiarci con una bottiglia di vino, che ci porteranno domani. Ho chiesto loro qualche informazione sul loro conto, trovo, infatti, sempre molto interessante ascoltare le storie degli altri. Lionel mi ha detto che dopo aver vissuto un paio d’anni in Tailandia, sono venuti in Polinesia, hanno comprato una barchetta a vela due mesi e mezzo fa e adesso stanno imparando a navigare. “Nuova vita, nuova avventura”, ha detto lui con un grande entusiasmo. Il loro obiettivo sono gli atolli dell’arcipelago delle Tuamotu perché entrambi sono istruttori di subacquea. Ho confermato che laggiù c’è un vero paradiso sottomarino, di cui ho potuto riempirmi gli occhi in occasione del nostro soggiorno di tre settimane durante la nostra prima traversata. Purtroppo, vista la lentezza con la quale stanno proseguendo i nostri lavori, temo che la tappa alle Tuamotu salterà. Vorrà dire che custodirò ancor più gelosamente quel ricordo indelebile di Rangiroa che sono riuscita ad imprimere nella mia memoria qualche anno fa.

Mentre li salutavamo, la pioggia si è intensificata. Noi siamo risaliti in barca e loro, si sono allontanati, sospinti da un piccolo sei cavalli che - a questo punto - speriamo possano sostituire con il quindici cavalli che Mario ha regalato loro. Probabilmente, lo sapremo domani. Mario era tutto soddisfatto che ad ereditare il suo motore fossero dei giovani entusiasti e speranzosi. Quel motore ha la sua età, ma anche un certo valore. Per la nostra traversata, avrebbe significato un peso inutile, per questo motivo Mario ha deciso di offrirlo a qualcuno che potesse averne maggior bisogno.

 

Taravao, venerdì 24 ottobre 2025

Un bel sole ha caratterizzato la mattinata e parte del primo pomeriggio. Ne abbiamo approfittato per lavorare in coperta e Mario è salito per la seconda volta in testa d’albero. Sono io che lo isso, a mano, ed è uno sforzo non indifferente perché prolungato. Comunque si è organizzato per fissare tutte le drizze e verificare alcune saldature che avevamo rifatto a Panama, prima della scorsa traversata. 

Durante i lavori siamo stati interrotti da un signore sulla sessantina, direi, tale Daniel, che ci ha chiesto se potessimo prestargli un imbuto per travasare la miscela del suo fuoribordo. Visto che del prestito me ne sono occupata io, ne abbiamo approfittato per scambiare due parole e lui mi ha chiesto se avessimo appena acquistato la barca, visto lo stato in cui appare dall’esterno. Gli ho spiegato che in sei anni, si è trasformata come non avremmo mai immaginato e lui, allora, mi ha parlato del suo monoscafo che in soli cinque mesi di sosta qui in Polinesia, si è deteriorato parecchio a causa dell’umidità e dei topi che qui, sono numerosissimi. Per fortuna, siamo stati risparmiati dai topi, anche se le nostre nemiche, le termiti, sono molto più subdole e probabilmente saranno dure da debellare. Qualche giorno fa, ho seminato tre esche all’acido borico e una volta a Panama, credo che riempirò tutta la barca di queste esche, nella speranza di riuscire nell’impresa di annientare tutte le colonie presenti in barca e ben nascoste. Daniel è stato velocissimo e ci ha restituito l’imbuto, salutandoci e dicendoci che domani partirà per il Cile. Adesso in Cile è estate e la barca starà sicuramente più all’asciutto rispetto a qui.

Tornando a casa, verso le tre del pomeriggio, per ristorarci un poco, abbiamo trovato una bottiglia di rosso davanti alla porta. Terau sarebbe dovuta venire verso le cinque per fare un aperitivo con noi, ma purtroppo ci ha scritto che suo figlio, quello che studia a Papeete per passare il concorso di ingegneria in Francia, non è molto in forma e dato che lei e Teva partiranno domani per una breve vacanza in Australia, voleva andare a trovarlo oggi. Ci ha comunque voluto omaggiare della bottiglia che avrebbe portato e allora, ringraziandola, le ho detto che berremo insieme al suo ritorno, sperando di brindare, in quell’occasione, anche alla fine dei lavori a bordo del Ferraù.