Taravao, lunedì 8 dicembre 2025

Questa mattina, andando a depositare il bucato in lavanderia, ho fatto la conoscenza di Marisa, l’amica di Andréa che custodisce la casa, durante la loro assenza. Sembra cordiale, ma anche molto timida, infatti dopo un rapido scambio di informazioni, si è congedata. Arrivati in cantiere, mentre io ho continuato i miei lavori in coperta, Mario ha ripreso ad occuparsi della chiglia. Ha rimosso una parte della vetroresina che si era bagnata di gasolio, cambiando colore e consistenza, ha carteggiato la superficie per ripulirla e preparato la filettatura a livello del buco. La prima volta che siamo intervenuti, non avevamo sufficiente spazio per effettuare l’operazione di filettatura e forse è proprio a causa di questo dettaglio che non abbiamo avuto successo. Prima di pranzo, è riuscito a tappare il buco con una vite ricoperta di teflon. Nel pomeriggio, abbiamo ricoperto tutto con della colla epossidica, in modo da rinforzare tutta la parte di chiglia, preparandola alla resinatura.

Oggi, verso le cinque, avevamo appuntamento con Lionel e Soraya per un aperitivo a bordo della loro barca, che è ormeggiata nella baia, di fronte al cantiere. In realtà, la settimana scorsa li avevo contattati io per invitarli ad un semplice aperitivo sulla nostra barca. Un po’ surreale, come scenario, e assolutamente spartano, vista la situazione, ma era l’unica cosa che potevo proporre loro e, pur di ringraziarli ed essere conviviale, ho formulato l’invito.

Forse, hanno avuto paura o, più probabile, ci hanno voluto offrire una situazione più comoda e quindi hanno risposto proponendoci di farlo da loro.

Personalmente, ho accolto con grande gioia la loro proposta: infine a bordo di una barca galleggiante. Mi è sembrato un sogno.

Lionel è venuto a prenderci in gommone e, sulla rotta verso la sua barca, ci ha mostrato alcune imbarcazioni, raccontandoci qualche aneddoto sui proprietari. Ci siamo fermati sulla poppa della barca di una certa Suzanne, che attualmente è rientrata in Francia per due mesi, lasciando i suoi due gatti alle cure di Lionel e Soraya, che passano due o tre volte al giorno per far loro due carezze e nutrirli. Siamo poi arrivati a bordo, dove Soraya ci attendeva con un gattino in braccio: si tratta di un cucciolo che hanno deciso di adottare perché il proprietario, che lo aveva ritrovato un giorno nel suo gommone, alla fine di una giornata trascorsa a terra, è ripartito per la Nuova Zelanda.

Abbiamo mangiato del parmigiano e dei toast che Soraya aveva preparato, sorseggiando un Bordeaux e per quasi tre ore abbiamo chiacchierato amabilmente sulle nostre storie. La loro è particolarmente interessante, infatti alla base sono due istruttori di subacquea, arrivati in Polinesia dopo otto anni di attività professionale in Tailandia. Ho chiesto loro le ragioni di questo trasferimento e Lionel mi ha spiegato che, benché lavorassero molto e con una certa continuità, non riuscivano a guadagnare sufficientemente per evolvere. Contano invece di farlo qui in Polinesia francese. Il loro piano mi sembra molto ben congegnato: arrivati qui lo scorso luglio, si sono imbarcati con un francese ed il figlio che si occupano di turismo in tutte le isole e hanno trascorso un mese in barca, visitando gran parte delle isole sulle quali siamo approdati anche noi, in passato. In questo modo, si sono fatti una chiara idea di dove si possa esercitare la loro professione. Dopo questo periplo tra le isole, sono sbarcati e hanno colto al balzo l’occasione di acquistare una delle barche che erano ormeggiate nella baia. Il proprietario precedente era un ragazzo di vent’anni che, comprata la barca, l’ha rivenduta dopo soli sei mesi perché, pare, abbia deciso di testare le sue abilità nautiche oltrepassando la passe e ritrovandosi quindi in oceano, in un giorno in cui il vento era particolarmente forte e rafficato. Si è impaurito e ha stabilito che la vela non facesse per lui, si è quindi liberato della barca, alla stessa velocità con la quale l’aveva acquistata. Anche Lionel e Soraya non sanno nulla di barca a vela, ma per il momento se ne servono come abitazione e poi, per due sub, diventerà il mezzo ideale per spostarsi, laddove riusciranno a trovare un impiego. Al momento, aspettano di superare degli esami di equipollenza dei loro brevetti internazionali nel mese di gennaio a Papeete e si barcamenano facendo qualche lavoretto per i residenti della baia. Ad esempio, ieri avevano trascorso la giornata in acqua, per pulire la parte sommersa dello scafo di una barca ormeggiata a poca distanza da loro. Fanno anche Airbnb sulla loro barca, per guadagnare un po’ di denaro. Nei weekend, hanno chiesto ad una coppia, anch’essa ormeggiata nella baia, di dar loro qualche corso di vela e non appena ho proposto loro di pagarli perché mi portassero a fare un bagno vicino al reef, ci hanno proposto di fare un giro di uno o due giorni in barca con loro, in modo da imparare a manovrare. Lionel deve riparare il timone, ma ha detto che nel giro di un paio di settimane, dovrebbe riuscirci. 

Purtroppo, la serata non è stata molto lunga perché Mario non si sentiva bene e continuava a tossire. Ci siamo quindi fatti riaccompagnare al pontile, nel buio più completo, che ci ha permesso di osservare una bellissima stellata.

 

Taravao, martedì 9 dicembre 2025

Non avevo ancora scritto a Joss e Daniel per spiegare loro che avremmo cercato una soluzione diversa, più spaziosa e con la possibilità di cucinare, quando, a metà mattina, guardando che ore fossero, ho trovato un messaggio di Joss che, cortesemente, mi diceva che lei e suo marito avrebbero preferito che io e Mario trovassimo una sistemazione più consona alle nostre esigenze. Credo che abbia avuto paura che le chiedessi di cucinare pasta a pranzo e a cena, obbligandola a condividere di continuo la sua cucina con me.

La proprietà privata, per i polinesiani, cominciò a rendermi conto che ha qualcosa di sacro. Nessuno porta in casa degli estranei, soprattutto dei “popa’a”, così veniamo chiamati tradizionalmente noi occidentali. Il grado di diffidenza che la maggior parte dei polinesiani nutre nei nostri confronti è piuttosto spiccato e si percepisce chiaramente ogni qualvolta le relazioni non prevedano un accordo commerciale tra le due parti. Trovo piuttosto strana questa chiusura perché in tanti Paesi che ho avuto il privilegio di visitare, aprire la propria casa, offrire una bevanda, calda o fredda in funzione del clima, come per noi Italiani potrebbe essere il caffè, fa parte del semplice concetto di accoglienza e cortesia.

Ad ogni modo, il messaggio di Joss mi ha risparmiato un ingrato compito e ho così potuto risponderle che capivo la situazione e che comunque sia io e Mario eravamo stati felicissimi di aver conosciuto lei e Daniel, che sono state tra le persone più ospitali di Tahiti. L’ho voluto specificare, sapendo che dopo quarant’anni di vita trascorsa in Francia, la mia allusione alla differenza culturale sarebbe stata ovvia. La risposta è stato un invito a ripassare da loro per una birra prima di ripartire per l’Italia. Allora ho scritto a Joss che ci saremmo fatti vivi di sicuro e le ho mandato una foto del Ferraù e di Mario in cantiere.

Purtroppo, Mario è davvero malato e rientrando all’ora di pranzo, ha preferito coricarsi, senza nemmeno mangiare. Anch’io ne ho approfittato per riposare, ho guardato un buon film, fatto il bucato e scritto. Mentre riposavo, ho ricevuto un altro messaggio da parte di Joss, che mi informava che Daniel aveva raggiunto il cantiere in piroga e visto la nostra barca, ma che non aveva trovato nessuno. Le ho allora raccontato che fino a mezzogiorno eravamo rimasti lì, ma che poi, a causa del fatto che Mario non si sentiva bene, siamo rientrati per rimanere a casa tutto il pomeriggio. Ne ho approfittato per esprimere il mio entusiasmo, relativamente alla piroga e al fatto che Daniel avesse attraversato tutta la baia pagaiando. Ne ho ricavato un invito per una pagaiata uno dei prossimi giorni: Daniel ci presenterà al suo club di piroga a Mitirapa e potremo fare una gita in piroga a sei posti insieme agli associati. Inutile dire che ero al settimo cielo e che le ho detto che non appena Mario si sarà ripreso, le scriverò.

 

Taravao, mercoledì 10 dicembre 2025

Mentre facevamo colazione, è saltata la corrente e non è più tornata. Per uscire dal giardino, dobbiamo attraversare un cancello elettrico, abbiamo quindi dovuto disturbare Marisa che, un po’ agitata, ci ha confermato che non c’era la corrente elettrica. Le ho spiegato che i cancelli elettrici si possono manovrare anche manualmente, ma che occorre una chiavetta apposita. Nonostante fosse visibilmente agitata, perché non aveva mai sentito parlare di questa opzione, è riuscita a trovarla e così siamo potuti andare al lavoro.

La mattinata è stata particolarmente proficua, ma dal momento che oggi c’era un bel sole, lavorare in coperta è stato, a conti fatti, piuttosto faticoso. Quando ho concluso, era già mezzogiorno e mezzo passato ed ero davvero stanca.

Un pranzo rapido e poi, lungo mare, per un bagnetto, approfittando della bella giornata e del fatto che oggi sia un giorno feriale.

Ci siamo poi diretti al cantiere, ma invece di riprendere il lavoro, ci siamo rilassati osservando i bambini della scuola di vela, che stavano rientrando dal corso di laser, optimist e windsurf, a seconda delle età, del loro livello e della loro passione. Si è quindi trattato di un pomeriggio alternativo, che abbiamo concluso con una visita al supermercato.

 

Taravao, giovedì 11 dicembre 2025

Un'altra bellissima giornata piena di sole.

La mattina abbiamo ripreso il lavoro alla timoneria, che necessita anche della mia assistenza, dal momento che Mario è costretto all'interno della barca, sdraiato dietro al vano motore.

Faceva davvero caldo e a mezzogiorno abbiamo optato per una pausa pranzo rinfrescante. 

Ripartendo, ci siamo infine decisi a portare al cantiere il bompresso che, benché verniciato con cinque mani di epossidica e due di vernice per legno, doveva ancora superare il test dell'incastro nel suo alloggio a prua. Naturalmente, sarà da ritoccare: molto bello esteticamente parlando, non è stato tagliato come doveva, quindi Mario a cominciato a modificarlo, mentre io ho ripreso i miei obló, approfittando del fatto che non dovesse piovere.

Nel frattempo, ho scritto a Joss, per chiederle se venerdì pomeriggio io e Mario potessimo accompagnare Daniel al club dei vogatori di piroga. 

Prima di scrivere a Joss, ho comunicato a Mario che l'indomani sarei andata a pagaiare con Daniel e gli ho proposto di unirsi a noi. Con mia grande sorpresa, ha accettato di buon grado la proposta.

Dal momento che Joss non pagaia e che le ho quindi risposto che io e lei ci saremmo viste prossimamente, ha colto la palla al balzo, proponendomi di accompagnarla alla messa di domenica mattina, che è particolarmente suggestiva perché animata con canti e strumenti musicali.

Su questa proposta, ho visto Mario più titubante, ma alla fine, credo che si unirà a noi. Queste due proposte mi hanno risollevato il morale, infatti, da quando non partire in traversata è diventata una certezza, mi sentivo a corto di stimoli ed ecco che il caso vi ha subito posto rimedio.

Taravao, venerdì 12 dicembre 2025

Questa mattina mi sono svegliata a causa del caldo: non c’era vento e il tasso di umidità era altissimo. Ne ho approfittato per lavare le lenzuola e stenderle al sole, prima di andare in cantiere. Mario ha continuato a rimodellare l’estremità del bompresso, mentre io mi sono occupata di piccole cose. Siamo rientrati a pranzo un po’ più tardi del solito perché, avendo appuntamento con Daniel alle quattro del pomeriggio per l’uscita in piroga, sapevamo di dover rinunciare al lavoro pomeridiano.

Siamo stati i primi ad arrivare nel parcheggio del club ed è stato un bene perché abbiamo potuto scambiare qualche parola con Isidor, un signore polinesiano di una certa età, che abita di fronte al club, dall’altro lato della strada, e che si prodiga affinché il club continui a vivere. Daniel ce lo ha descritto come una vera e propria istituzione, infatti se non fosse per lui, una piroga incidentata o rovinata, verrebbe probabilmente abbandonata, mentre lui, riesce sempre a riparare tutte le imbarcazioni. Ci ha accolto con grande cordialità e, quando dopo una mezz’ora ci siamo ritrovati circondati da una trentina di persone, tutte in tenuta sportiva e con una pagaia alla mano, ci siamo accorti che c’erano altre due persone nuove, come noi. In modo del tutto naturale, siamo stati chiamati e destinati ad un posto sulla V-12, la grande piroga a dodici posti. A giudicare dalla sua struttura, si tratta della piroga più stabile e quella più adatta ai principianti. Io sono stata assegnata alla seconda posizione, quindi a prua, subito dietro alla vogatrice che dà il ritmo di voga, mentre Mario è stato posizionato a poppa, davanti al timoniere, sullo scafo opposto della piroga. Senza nemmeno accorgercene, ci siamo ritrovati in acqua, a bordo di questa grande imbarcazione che, con pochi semplici movimenti di ognuno dei presenti, ha cominciato a scivolare ad una velocità sostenuta sul pelo dell’acqua. Fortunatamente, Daniel ci aveva dato qualche dritta, mentre aspettavamo che tutti i soci del club arrivassero, e in particolare sulla parola che il timoniere avrebbe usato per segnalare il cambio di lato della pagaia. Ci siamo divertiti moltissimo, a forza di pagaiare, si capisce che l’aspetto più importante è che i vogatori siano perfettamente sincronizzati. Più il movimento è sincronizzato, più la piroga si muove con fluidità. Abbiamo percorso alcuni tratti rettilinei all’interno della laguna, per poi uscire in mare aperto, oltre la passe, e rientrando dalla passe successiva. Il nostro gruppo ha lavorato sul ritmo della pagaiata, mentre gli altri gruppi, sulle V-6 e sulle V-3, si sono esercitati a girare intorno alle boe perché il 20 dicembre avranno una competizione a Teahupo’o. Alla fine dell’allenamento, tutti si sono salutati e ci hanno salutato, e Isidor ci ha detto che possiamo tornare quando vogliamo, ogni lunedì, mercoledì e venerdì. Personalmente, farò di tutto per ripetere questa esperienza, mi sono divertita e stare in mare mi trasmette come sempre un immenso piacere.

Taravao, sabato 13 dicembre 2025

Ci siamo svegliati mentre Marisa usciva in macchina, sotto una pioggerelli a leggera leggera che, dopo una decina di minuti, ha lasciato spazio ad un bel sole. Arrivati di buon’ora al cantiere, abbiamo cominciato a pennellare l’estremità del bompresso con la vernice epossidica. Ce ne vorranno quattro o cinque mani per essere sicuri che, anche in quel punto, il legno resista alle intemperie. Abbiamo trovato ancora acqua in sentina, ma, visto che Mario aveva dimenticato di chiudere ermeticamente l’oblò del bagno, speriamo che sia stata quella la causa. Naturalmente, monitoreremo la situazione nei prossimi giorni. L’ultima operazione della mattinata è stato l’ennesimo riempimento del serbatoio di gasolio di poppa, sperando davvero che la chiglia non lasci fuoriuscire nulla. Rientrando a casa per pranzo, ho ricevuto un messaggio di Joss che, ci proponeva di partecipare ad un pranzo polinesiano domani dopo la messa. Ha accennato ad un repas partagé, le ho quindi chiesto di spiegarmi con esattezza cosa si intendesse con tale formula, vista la nostra scarsa conoscenza dei costumi locali, non tanto per mancanza di volontà quanto per scarsità di occasioni presentatesi in questi due mesi e mezzo di soggiorno a Tahiti.

Nel pomeriggio, abbiamo dato un’altra mano di epossidica e chiuso la barca per andare a fare spesa. Uscendo dal supermercato, ci siamo imbattuti nei nostri amici Soraya e Lionel, che stavano mangiando un panino al fast-food locale. Abbiamo riparlato del nostro progetto di gita nella laguna e, benché Lionel dubiti di riuscire a riparare per tempo il suo timone, ci ha assicurato che sarà un piacere fare una gita con noi. Chiacchierando abbiamo raccontato loro la nostra esperienza in piroga, ma loro non sono molto interessati a questo sport, adorano i fondali marini e meno la superficie dell’acqua. Quando ho annunciato loro che il giorno dopo saremmo andati a messa, hanno sgranato gli occhi dalla sorpresa; in effetti, la maggior parte dei Francesi non contempla la religione.

 

Taravao, domenica 14 dicembre 2025

Ci siamo svegliati sotto una tempesta di pioggia e di vento che, anziché smorzarsi, aumentava la propria intensità ogni dieci minuti. Verso le otto e un quarto, ho preferito mandare un messaggio a Joss per avere conferma del nostro appuntamento, volevo evitare di scendere a valle e sentirmi dire, magari, che vista la pioggia sarebbe stato più ragionevole abbandonare il programma fatto in precedenza. Anche l’ipotesi opposta aveva ragione di essere presa in considerazione, infatti, durante la stagione dei cicloni, per i polinesiani, svolgere le attività quotidiane sotto una pioggia torrenziale è del tutto normale. Come avevo immaginato, Joss ha confermato l’appuntamento, ritardandolo di un solo quarto d’ora. Siamo arrivati alla chiesetta di Vara’o, a pochi chilometri da qui, tra i primi, abbiamo parcheggiato l’auto con facilità e preso posto su una panca, seguendo le precise istruzioni di Joss che, nel mentre, salutava tutti i presenti e mi presentava. Non ha mancato di porgermi un fiore di ibiscus rosa bellissimo, che aveva colto prima di entrare in chiesa, affinché me lo infilassi nei capelli sull’orecchio destro. In Polinesia, le donne si ornano sempre l’acconciatura con fiori freschi e anche gli uomini, la domenica, seguono questa bella tradizione. Avendo una mezz’ora di anticipo, il direttore del coro, professore di musica al collège di Taravao dove Victor ha insegnato a lungo, ha iniziato ad intonare i vari canti scelti per la funzione di questa domenica. Joss mi ha mostrato una fotocopia sulla quale c’erano le letture, il Vangelo, le preghiere e i canti, una parte era in francese e una parte in tahitiano. Inutile dire che mi sono lanciata nel canto, soprattutto quello in tahitiano, di cui ignoro completamente la struttura e la sintassi, ma che trovo estremamente musicale. La chiesa è piccola e dal punto di vista strutturale non rappresenta nessun interesse, ma era addobbata con una cura eccezionale: fiori freschi, piante rigogliose, immagini colorate e candele, ovunque si volgesse lo sguardo. Anche la gente contribuiva a ravvivare l’ambiente, infatti i polinesiani sfoggiano sempre abiti estremamente colorati, dai toni sgargianti e gioiosi. Questa luminosità dell’ambiente, mi ha riportato alla mente il libro di antropologia che ho letto di recente, nel quale si menzionava uno dei luoghi comuni che i polinesiani condividono riguardo agli europei e che concerne la loro incomprensibile abitudine di vestirsi esclusivamente di nero e di grigio.

La funzione si è svolta nella gioia generale: canti, musica e persino balli hanno animato questo momento di preghiera domenicale. Purtroppo, c’era una giovane donna che, accompagnata e fisicamente sostenuta dai genitori, piangeva dando l’impressione di essere inconsolabile. Una coppia di anziani, invece, mi sono stati indicati da Joss come i genitori di un uomo di cinquant’anni che, meno di un mese fa, nel corso di un’immersione in apnea alle isole Tuamotu, non è più riemerso, perdendo così la vita e lasciando la moglie e tre figli in tenera età. 

Usciti dalla chiesa, Joss e Daniel ci hanno proposto di fare una tappa lungo mare, dove c’è una spiaggia pubblica che io e Mario pensavamo essere privata e appartenere alla caserma dei vigili del fuoco.

Un luogo piacevole, con alcuni parcheggi, delle fontane di acqua potabile, un pontile e delle specie di pedaló che vengono noleggiati per raggiungere un banco di sabbia bianca posto a circa duecento metri dalla costa, al limite della laguna. Purtroppo, pioviscolava ancora e il cielo era talmente coperto da non rendere giustizia alla bellezza del litorale tahitiano, con le sue mille sfumature di turchese. Ripartendo, ci siamo ripromessi di tornarci in una bella giornata di sole. 

Avevamo appuntamento per pranzo con Joss e Daniel a mezzogiorno e mezzo: noi siamo ripassati da casa per prendere l’insalata di pasta che avevo preparato ieri sera, mentre Joss è andata a cucinare un piatto caldo. Col senno di poi, ho detto a Mario, che avrei potuto preparare delle lasagne, ma ieri ha fatto talmente caldo che istintivamente ho optato per un piatto della cucina italiana estivo.

Quando ci siamo ritrovati, abbiamo seguito la macchina di Daniel, percorrendo una strada mai imboccata prima e che ci ha portato rapidamente sulla costa opposta di Tahiti Iti, la costa est. Ormai siamo in grado di orientarci bene e abbiamo riconosciuto il percorso fatto per raggiungere l’atelier di Pierre, il nostro falegname truffaldino.

Siamo entrati nella proprietà degli amici di Joss e Daniel che si affaccia sul mare e che, naturalmente, impedisce a chiunque di accedere al mare perché chiusa con una barriera invalicabile. Abbiamo approfittato di questa giornata per chiedere ai nostri amici come mai sia così difficile accedere alla costa e loro ci hanno confermato che, eccezion fatta per le poche servitù lasciate libere per legge, i proprietari dei terreni costieri hanno avuto la possibilità di delimitare in modo esclusivo le loro proprietà. Occorre dire, comunque, che il litorale tahitiano non ha nulla a che vedere con quello mediterraneo e, a parte una bella vista sulla laguna, sono rari i luoghi in cui è possibile fare un bagno come intendiamo noi.

Abbiamo apparecchiato in fondo al giardino, al vento e al suono della risacca. Joss aveva preparato delle cialde salate da gustare come aperitivo insieme ad un punch al rum preparato da lei. Siamo poi passati alla mia insalata di pasta che, apparentemente è piaciuta anche ai nostri ospiti, per poi concludere con del tonno bianco in umido con funghi champignon preparato da lei.

Gli argomenti di conversazione sono stati molto vari: ero soprattutto io a formulare domande e i nostri amici si sono raccontati con piacere, dai tempi del loro primo incontro, alla vita in Francia. Abbiamo scoperto che Daniel è venuto a Tahiti durante il servizio di leva, dopo aver schivato l’arruolamento per la guerra in Algeria, da poco conclusa. Di stanza all’aeroporto di Fa’a, vicino a Papeete, perché addetto alla meteorologia, ha incontrato per caso Joss, che all’epoca frequentava il liceo proprio in quel quartiere. Si davano appuntamento all’uscita di scuola e in spiaggia. Quando Daniel è tornato in Francia, ha continuato a scrivere a Joss per tre anni, durante i quali, ad un certo punto, le ha proposto di sposarlo. A quanto pare lei ha accettato, dicendo che i suoi genitori erano d’accordo, mentre, in realtà, erano all’oscuro di tutto, fuorché delle lettere che Joss riceveva con cadenza settimanale dalla Francia e dalla stessa persona. Decisi a sposarsi, Daniel, finanziato dai genitori, è arrivato a Papeete e si è sistemato in un hotel. Il giorno in cui si è presentato a casa di Joss, suonando alla porta, si è sentito chiedere dal padre cosa facesse lì e se fosse tornato per le vacanze, visto che i due si erano incontrati una volta alcuni anni prima. È stato in quel momento che Daniel ha realizzato che i genitori di Joss erano ignari delle sue intenzioni; ha quindi optato per l’improvvisazione, chiedendo ufficialmente la mano di Joss a suo padre che, fortunatamente, ha acconsentito. La fortuna ha voluto che ci fossero due settimane utili per le pubblicazioni e che la mamma di Joss, sarta di professione, abbia potuto confezionare rapidamente l’abito per la cerimonia. Due settimane più tardi, Joss e Daniel erano sposati, ma il giorno dopo il matrimonio, Daniel ha dovuto riprendere l’aereo, già prenotato, senza la sua giovane moglie. I genitori di Joss, infatti, le hanno accordato il permesso di sposarsi, ma non quello di lasciare immediatamente la loro casa, dicendo che in seguito non l’avrebbero più vista e che, quindi, volevano godersi la sua compagnia ancora un po’. All’epoca, in effetti, volare non era semplice come lo è oggi e così Joss è partita alla volta di Parigi soltanto sei mesi dopo, durante l’inverno. Il giorno in cui Joss è atterrata, a Parigi, nevicava ed essendo la prima volta che lei vedeva la neve, ricorda quei momenti come qualcosa di magico.

Un’altra storia che avevo la curiosità di conoscere era quella riguardante l’acquisto del loro terreno, circa venticinque anni fa. Pare che la proprietà in questione sia stata indicata loro da Victor e che loro, fidandosi, l’abbiano acquistata visionando semplicemente la pianta del terreno che, però, non indicava il grado di pendenza della montagna. Qui, molti terreni litoranei sono tutt’altro che pianeggianti, a volte hanno solo una decina di metri di profondità prima che un fronte molto scosceso di montagna cominci a salire verso l’alto. Era questo il caso del loro terreno e, quando Joss e Daniel lo hanno visto per la prima volta, hanno dovuto escogitare immediatamente una soluzione. Daniel ci ha raccontato di aver fatto scavare una sorta di percorso in salita e a zig zag, in modo da ricavare dei piccoli terrazzamenti sui quali far appoggiare i pilastri di sostegno dell’abitazione che avrebbero fatto costruire. In effetti, la loro casa e il loro giardino sono abbastanza impressionanti per della gente di pianura come noi.

Ho voluto anche chiedere se i Francesi che vivono qui riescano effettivamente ad integrarsi con la popolazione locale oppure no e Daniel ci ha spiegato che non è sempre facile. A suo parere, sono molte le chiese protestanti nelle quali i pastori fanno una propaganda negativa nei confronti della Francia e dei Francesi. Ha sentito dire che le funzioni religiose sono bilingui perché parte della popolazione non parla più il tahitiano, ma al tempo stesso gli anziani non padroneggiano perfettamente il francese, e quando i preti pronunciano l’omelia in tahitiano, le accuse politiche mosse al governo francese e al nucleare, perpetrato per decenni in queste zone, si moltiplicano, mentre quando la stessa omelia viene tradotta in francese ha tendenza ad essere molto più moderata.

Dopo pranzo, abbiamo fatto una passeggiata lungo la spiaggia, ma Mario si è isolato poco dopo, a causa del vento, del freddo o della noia, non so bene. Io, Daniel e Joss abbiamo continuato a chiacchierare, seduti di fronte alla laguna e avvistando anche dei piccoli squali a pinna nera, che hanno l’abitudine di avvicinarsi molto alla riva. Verso l’ora del tramonto, siamo rientrati perché trovandoci sulla costa est, non avremmo comunque potuto ammirare le luci del sole sulla laguna.